Sono state molte le particolarità di AstiTeatro 2018 rispetto alle precedenti edizioni.
A partire dal festeggiamento dei 40 anni di festival. Molti artisti hanno fatto parte del cartellone con un loro ritorno ad Asti dopo diversi anni, in una sorta di celebrazione del festival.
Quest’anno la rassegna piemontese è stata inoltre sostenuta da diverse realtà pubbliche e private, fra cui Compagnia di San Paolo che ha riconosciuto un contributo importante al Polo Astigiano per il Teatro di Ricerca e di Innovazione Contemporaneo (PATRIC). Un supporto fondamentale che ha permesso alla direzione, affidata per la seconda volta ad Emiliano Bronzino, di pensare in grande e uscirne vincente, con numeri rilevanti fin dalla partenza, in un mix intelligente di teatro contemporaneo (Oscar De Summa, Frosini / Timpano, MaMiMò, Danio Manfredini, Mario Perrotta, Berardi / Casolari…) che non ha tralasciato la tradizione e gli appuntamenti di grande richiamo.
Alla fine oltre diecimila spettatori hanno partecipato ai circa 50 eventi negli 11 giorni di programmazione. Mentre il concorso Scintille, alla nona edizione, rivolto a compagnie under 35 e finalizzato alla produzione di uno spettacolo da promuovere sul territorio nazionale, ha portato a teatro quasi duemila spettatori; e poco al di sotto è stato il risultato della Maratona Alfieriana.
Un importante valore aggiunto, forse l’elemento più poetico e attraente di AstiTeatro, è dato dal fascino e dalla particolarità dei suoi spazi, disseminati per il centro storico. La città ha aperto e messo a disposizione chiese sconsacrate, cortili e tutti quei siti che normalmente fanno parte della struttura urbanistica e sociale del territorio. Non un festival che occupa un luogo ma il cuore pulsante di un centro storico che abbraccia una rassegna aperta, variegata e plurale.
Così è stato possibile assistere al “Cantico dei Cantici” di Roberto Latini dalle tribune, pienissime, della Chiesa del Gesù, che ha caricato lo splendido monologo di una preziosa ed ulteriore solennità, un’occasione, per noi, di anticiparvi la videointervista a Latini, in un’altra sua tappa piemontese, che vi mostreremo nei prossimi giorni.
Deludente invece “Il re anarchico e i fuorilegge di Versailles” di Paolo Rossi, spostato all’ultimo al Teatro Alfieri, che ha visto il comico milanese nella veste di autore, regista e interprete affiancato da un buon cast di attori giovanissimi e da una straordinaria Lucia Vasini.
Lo spettacolo è l’ultima parte del viaggio intorno a Molière e propone una compagnia allo sbando alle prese con scene improvvisate che prendono vita in modo apparentemente casuale a partire da alcuni frammenti degli storici pezzi di Rossi, senza un filo conduttore né – per lo meno questa è la sensazione di chi scrive – una forte motivazione di fondo.
La straordinaria “Scortecata” di Emma Dante, sold out di cui parleremo più nello specifico prossimamente, ha abitato lo Spazio Kor, ovvero l’ex chiesa di San Giuseppe, di certo il luogo più evocativo e interessante del festival ma non solo, grazie all’interessante programmazione invernale sempre curata da Bronzino.
Qui è andata in scena anche “La Ballata del carcere di Reading” di Oscar Wilde, per la regia di Elio De Capitani con Umberto Orsini e Giovanna Marini, spettacolo nato da un’idea dello stesso Orsini dietro le quinte di “Urlo” di Pippo Delbono che vedeva, tra i suoi protagonisti, anche la Marini.
La cantautrice ha scritto per lo spettacolo cinque ballate che ha eseguito dal vivo alternandosi alla lettura di Orsini; e al termine della serata, legatissima al ricordo dell’amico astigiano Franco Coggiola, non ha mancato di ricordare la figura dell’etnomusicologo.