“Siamo indignati e vogliamo trasparenza!”. Lo Stabile Veneto reagisce al declassamento del Mibact

La conferenza stampa di ieri (photo: Rita Borga)|Photo: Rita Borga
La conferenza stampa di ieri (photo: Rita Borga)|Photo: Rita Borga

Durissimo colpo per il Veneto che perde, dopo una sola triennalità, il suo Teatro Nazionale. La notizia è arrivata qualche giorno prima di Pasqua: la commissione consultiva per il teatro del Mibact ha comunicato il declassamento del Teatro Stabile del Veneto da “Teatro Nazionale” a “Teatro di rilevante interesse culturale” (Tric). Il Teatro del Nordest non sarà più compreso, per i prossimi tre anni, nella rosa dei sette protagonisti assoluti del panorama culturale italiano, riconosciuti nel 2015 dalla precedente Commissione.

Tre anni fa furono Genova e il suo Teatro Stabile a rimanere esclusi dalla prestigiosa qualifica, ottenendo il riconoscimento di Tric; oggi c’è un passaggio di testimone, che vede Genova festeggiare la nuova nomina a Teatro Nazionale, mentre la regione Veneto e il Cda dello Stabile, tra stupore e indignazione, muovendo da una parte l’accusa, come fece il teatro ligure, di discutibili criteri di natura geopolitica, e pretendendo trasparenza dall’altro, si preparano a chiedere l’accesso agli atti della Commissione per capire come e perché si è giunti a una squalifica da loro definita assurda, se non folle.

E’ una bocciatura che brucia, quella subita dal TSV, perché riguarda la qualità artistica del progetto presentato per il triennio 2018/2020, a cui è stato attribuito un punteggio di 9 punti su 35, 8 punti in meno di quelli riconosciuti nel 2015, e un punto in meno rispetto al valore minimo richiesto. La rilevante differenza di punteggio è apparsa del tutto inaccettabile al vicepresidente del consiglio del TSV, Giampiero Beltotto che, durante la conferenza stampa indetta ieri, non ha certo lesinato attacchi e polemiche.

“Il progetto presentato porta la firma dello stesso direttore, Massimo Ongaro, della precedente triennalità, abbiamo la stessa compagine da 30 anni, questo per noi significa continuità. Non vale nulla? Com’è che il revisore dei conti del Ministro dice che è importante, e il Ministro D’Onofrio dice invece che non va bene? Com’è che abbiamo aumentato il numero dei nostri spettatori, e che questo importante riscontro da parte del pubblico non valga nulla per il Ministro? Com’è che il comune di Padova ci ha dato in gestione il teatro della Maddalene, uno dei suoi teatri più preziosi, e questo non valga nulla? Non è che la commissione è partita direttamente dal punteggio di 9 punti, e ha fatto in modo di raggiungerlo suddividendolo tra le varie voci?”.

E riferendosi, probabilmente, alla Fondazione Atlantide – Teatro Nuovo di Verona, diretto da Paolo Valerio, che nel 2015 era diventata socio privato dello Stabile dando vita alla sperimentale fusione tra pubblico e privato, fallita lo scorso giugno per “diversità di idee e di vedute”, ha aggiunto: “Emerge il sospetto, tra gli addetti ai lavori, che la commissione abbia in testa una diversa destinazione delle risorse. Vuole forse destinare le risorse a un teatro privato?”.

Photo: Rita Borga
Photo: Rita Borga

Sulla stessa linea polemica si è inserito anche l’intervento dell’assessore regionale alla cultura Cristiano Corazzari, che ha puntato il dito sull’“ostilità politica dell’apparato romano nei confronti del Veneto e del nordest”, e su una certa “discrezione o discrezionalità che sfocia nell’arbitrio politico, e controverte degli elementi oggettivi” – riferendosi qui ai “numeri” che lo STV ha confermato e superato in questi anni di lavoro, in termini di produzioni, collaborazioni, di pubblico, che ha registrato il +42%, mentre il 52% dei costi è stato coperto dalla vendita dei biglietti, numeri che, a detta dell’assessore, la Commissione sembra non aver tenuto in considerazione. L’assessore cogliendo la palla al balzo, è poi tornato a parlare di “autonomia veneta”: “La dissennata scelta del ministero fa comprendere come il Nordest, e tutte le altre aree del Paese, devono finalmente liberarsi dal giogo di questi dinosauri di Stato, che coi soldi pubblici pensano di poter fare e disfare come se gli italiani non avessero già scelto logiche del tutto diverse”.

Nella scheda di valutazione, tra le voci maggiormente penalizzate ci sono la qualità artistica del progetto che ha ricevuto 1 punto su 8 contro i 4 punti su 7 dello scorso triennio, la capacità di sviluppare progetti nazionali e internazionali e di assunzione del rischio culturale valutata con un punto su 5 contro il precedente e ottimo punteggio di 3 su 4; e chissà come la prenderanno gli artisti inseriti nel progetto del 2018 come Babilonia Teatri, Leone d’Argento 2016, Anagoor, Leone d’Argento 2018, Agrupacion Senor Serrano, Leone d’argento 2015, ma anche Jan Fabre, Alex Rigola, Tiziano Scarpa, Stefano Massini, Roger Bernat, Alessandro Baricco, Cristina Comencini, per citarne alcuni, quando sapranno che la valutazione attribuita alla qualità professionale del personale artistico scritturato, e al prestigio delle compagnie e qualità artistica degli spettacoli ospitati è stato valutato 1 punto su 4 e 1 punto su 5 rispetto ai 2 punti su 3 e ai 3 su 4 del precedente triennio.

Ora cosa succederà? Che conseguenze ci saranno? E, soprattutto, chi le subirà? In termini numerici si parla di oltre 1,6 milioni di finanziamenti in meno.

Il sindacato, intervenuto alla conferenza stampa, ha manifestato la sua preoccupazione per la tenuta eco-finanziaria e i livelli di occupazione di questa “azienda veneta”, ma il vicepresidente Beltotto rassicura che cercheranno di mantenere fede ai progetti e a tutti gli impegni che si sono presi, garantendo l’occupazione attuale. Come questo sarà possibile per il momento rimane un’incognita.

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