A proposito di contemporaneo. Intervista ad Alessandro Brucioni

Alessandro Brucioni|Red Ladies - Maya Brinner
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Red Ladies - Maya Brinner
Red Ladies di Maya Brinner, ospite di un laboratorio a Livorno
Abbiamo incontrato Alessandro Brucioni, giovane direttore artistico del centro artistico Il Grattacielo di Livorno, in occasione della rassegna di danza contemporanea Da.To/danzaintoscana, che si svolgerà da sabato, 13 ottobre, fino al 2 dicembre nella città labronica.
Il centro fa parte di Dotline – rete della danza toscana assieme ad altre otto realtà, individuate dalla Regione come punti di riferimento e luoghi di lavoro, riconoscibili per creatività, autori, stili e contenuti: A.L.D.E.S. (SPAM! Rete per le arti contemporanee|Lucca), Company Blu (Teatro della Limonaia|Sesto Fiorentino), Kinkaleri (spazioK|Prato), Compagnia Simona Bucci (Teatro dei Concordi|Roccastrada, GR), Sosta Palmizi (Teatro Mecenate|Arezzo), Compagnia Virgilio Sieni (CANGO – Cantieri Goldonetta|Firenze) e Versiliadanza (Teatro Quartieri|Bagnone, MS).

Iniziamo subito dal progetto Da.To. Di cosa si tratta?
Sostanzialmente è un calendario di eventi che mette insieme otto realtà della danza contemporanea, e che prevede la partecipazione sia di compagnie che di luoghi che la programmano. Il progetto, attraverso la collaborazione fra le compagnie e gli spazi, intende creare una rete che serva a promuovere la cultura della danza contemporanea nel territorio regionale. Sono infatti coinvolte quasi tutte le province della regione, con esclusione di Siena e Pistoia.
Originariamente esistevano due entità separate: Da.To., che è un progetto con tre anni di vita, e Adac (associazione danza arti contemporanee), un’associazione di compagnie regionali che programmavano, durante l’arco dell’anno, una serie di spettacoli o rassegne. Tre anni fa venne fuori l’idea di costituire una rete di luoghi che dovevano avere la caratteristica di invitare compagnie extratoscane, in cui Adac si muoveva per la promozione delle compagnie della danza toscana, mentre Da.To. faceva da tramite per ospitare realtà nazionali e internazionali. Dopo il primo anno è stato deciso che i due progetti potessero confluire insieme, ed ecco nascere Dotline, una magmatica serie di eventi che ospitano compagnie regionali, nazionali e internazionali.

Quali saranno le compagnie ospitate a Livorno?
Quest’anno abbiamo deciso di fare un piccolo focus sulla danza israeliana. Quattro realtà (Company Blu, SPAM , il centro artistico Il Grattacielo e Sosta Palmizi) hanno lavorato più strettamente per ospitare due coreografi israeliani, Maya Brinner e Iris Erez. Questo ci ha permesso un’ottimizzazione dei costi e la possibilità di poterli ospitare e offrire una maggiore circuitazione. Inoltre le due coreografe avranno la possibilità di fare un periodo breve di residenza per condurre due laboratori: la Erez farà un laboratorio a Lucca e la Brinner uno a Livorno. Tutto ciò in una volontà di rendere metropolitana la regione, poiché gli interessati potranno fruire di entrambi i laboratori, visto che le due città sono molto vicine. E vedere poi i lavori nei vari territori.
Quest’esperienza è interessante perché investe proprio i territori e i luoghi, in un’ottica residenziale.
L’idea è proprio di rafforzare il principio, non nuovo, di una promozione continuata e condivisa nello “stare” in un territorio, per diffondere sempre di più le proposte culturali, nello specifico della danza contemporanea. Questo focus sulla danza israeliana coglie una sensibilità del momento. In Israele, soprattutto a Tel Aviv, c’è una forte crescita e ricerca di uno stile e di un codice linguistico sulla danza contemporanea, che si impone come una delle più interessanti ricerche. Ma non saranno i soli ad essere ospitati. Ci sarà ad esempio anche David Zambrano, e altri artisti stranieri. Tutto senza dimenticare il bisogno di sostenere anche realtà nazionali e territoriali.
Personalmente penso che in Toscana ci sia anche buona danza meno conosciuta, come il lavoro di Elena Giannotti, Max Barachini, Claudia Caldarano e Claudia Catarzi, per citarne alcuni.

Contemporaneamente a Da.To. si svolge al Grattacielo anche la rassegna di creazione contemporanea Teatri d’Autunno, giunta alla sua VIII edizione. Una rassegna che, anno dopo anno, sta crescendo.

Da otto anni facciamo una proposta di spettacoli di teatro contemporaneo, dove il termine “contemporaneo” è usato nella sua accezione più vasta. In sostanza è contemporaneo tutto ciò che racconta la contemporaneità; ciò non vuol dire che il codice linguistico, espressivo, o anche il genere, identifichino la presenza o il rifiuto di alcuni linguaggi. Semmai significa che si può fare dell’ottima prosa contemporanea, si può fare un ottimo teatro di figura contemporaneo e tanti altri generi: si tratta più di avvertire una sensibilità e un’urgenza di ricerca, che non è tematica. Qualcosa che inspiegabilmente ci riporta al presente.
Per fare un esempio, a Teatri d’Autunno abbiamo ospitato “Acqua santa” di Emma Dante. Il lavoro di Emma Dante ha un codice proprio, in cui si inseriscono tanti riferimenti alla tradizione (nel caso, a quella napoletana); alla fine assisti ad uno spettacolo che in qualche modo è già in codici conosciuti, quindi non è innovazione – anche se ci sarebbe da discutere sui concetti di innovazione e tradizione, ma non è il questo il momento. Se penso ad Ascanio Celestini, che sarà presente nella rassegna col suo teatro di narrazione, il genere è ormai molto sdoganato. Ma non pensiamo mai ai “filoni”; ci poniamo sempre di fronte all’esperienza e all’umanità che cerca di contattarti e, più sei libero da qualunque presupposto o bisogno, meglio puoi godere della qualità del lavoro che viene proposto.
Ciò che sta dietro alla rassegna è una logica di promozione del teatro contemporaneo, quindi del teatro come esperienza del presente: fare in modo che sia data la possibilità a un territorio di vedere spettacoli che riteniamo di qualità e che possano essere delle bellissime esperienze, sia conoscitive che emotive. Cerchiamo di promuovere le culture del fare teatrale o del fare teatro. Ogni anno, per tre mesi, abbiamo la possibilità di ospitare artisti molto eterogenei fra loro. Per fare alcuni nomi di questi otto anni, Alessandro Benvenuti, Maria Paiato, Elio Germano, Teatro Minimo, Oscar De Summa, Cesar Briè, Giorgio Rossi, Musella-Mazzarelli e tanti altri…

Alessandro Brucioni
Alessandro Brucioni
Parlaci un po’ della storia del centro che dirigi.
Il centro è una realtà attiva da 50 anni. Nel dopoguerra non c’erano molti spazi che facevano cultura a Livorno. Il Grattacielo era una struttura gestita da gesuiti che credevano, come da loro tradizione, nello strumento formativo del teatro. Quindi cominciarono ad ospitare spettacoli, a produrre, a fare una scuola e a portare avanti l’alfabetizzazione e la formazione. Da qui sono passati grandi nomi all’inizio della loro carriera, come Benigni e Paolo Poli, e tutto questo è durato fino agli anni Ottanta. Nel frattempo il centro ha dato la spinta per la creazione di tanti altri piccoli centri.
Poi è stato chiuso per diversi anni, e alla riapertura mi è stato chiesto di gestirlo dal presidente dell’associazione. Ovviamente non c’è più la connotazione religiosa, e abbiamo cominciato a riprendere il lavoro di promozione culturale. Per questo abbiamo anche progetti di formazione professionale, non tanto per formare professionisti ma per volgerli verso il professionismo. E anche per questo programmiamo un teatro di un certo tipo, ospitiamo seminari con professionisti e lo facciamo con persone che non hanno la vocazione a diventare attori, ma che hanno bisogno di perfezionare la propria sensibilità, per poter poi riconoscere il linguaggio e il perché delle proposte teatrali che vengono fatte. Per fare tutto questo è necessario un luogo, e noi abbiamo la fortuna di averlo. Un luogo che non sia solo uno spazio bensì proprio un luogo di incontro.
Io vengo dal mondo tecnico, sono “nato” facendo il tecnico, poi, piano piano, con la laurea in Filosofia e alcuni corsi di formazione professionale per organizzazione teatrale e regia, è cresciuto il desiderio di lavorare in teatro, e di farlo passando anche attraverso la parte organizzativa e gestionale. Ritengo sia stato un percorso formativo molto utile per maturare una visione a 360° del teatro.

Com’è il rapporto con la città di Livorno, nella quale siete gli unici a portare avanti un progetto di questo tipo?
La domanda è complessa. Anche se siamo gli unici a Livorno, nelle vicinanze ci sono Pontedera, Armunia a Castiglioncello e Sant’Andrea a Pisa, che sono tre realtà che lavorano sul contemporaneo. Il rapporto con il tessuto urbano è complicato, perché è complicata la storia. Per 15/20 anni certe proposte sono sempre mancate. C’è stata una mancanza di ospitalità e di accoglienza; venivano poche compagnie da fuori, e in alcuni casi con pochissima continuità. Quello di cui ci rendiamo conto è che invece, in otto anni, abbiamo dato una continuità di proposte molto qualificate.

E la risposta del pubblico non è mancata…
Sì, la risposta c’è stata, ma parziale, perché, quando scorro i numeri e penso che Livorno è una città con 160.000 abitanti e che il nostro livello di “bisogno nel cittadino” talvolta non permette di riempire sale da 100 posti, penso che sia un segno molto negativo. Quando sento dire che se ci sono 60/70 spettatori è un successo sono triste, perché è chiaro che le sale piccole le puoi riempire e fai un ottimo servizio alla scena, ma da un punto di vista numerico è assolutamente desolante. Penso che la colpa risieda da una parte nelle istituzioni, che non hanno mai gestito, sostenuto o promosso – come non siamo sostenuti in gran parte noi -; e poi credo che ci sia un bisogno di domanda, perché le offerte ci sono se la domanda c’è, e il circolo vizioso è che, fino a che non c’è offerta, non puoi fare domanda. C’è troppa poca vera fame e troppo poca attenzione all’argomento. Il pubblico dovrebbe volere teatro più buono. E poi dovrebbe essere in grado di riconoscerlo, e in questo starebbe il processo virtuoso. Io credo che il pubblico abbia una grandissima responsabilità.
 

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