Cechov secondo Rustioni. Primo studio da Castel dei Mondi

Tre atti unici da Cechov (photo: Chiara Boscaro)|Tre atti unici da Cechov (photo: Chiara Boscaro)
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Tre atti unici da Cechov (photo: Chiara Boscaro)
Tre atti unici da Cechov (photo: Chiara Boscaro)
Le due repliche di “Atti unici da Anton Cechov-primo studio/Andria” al Festival Castel dei Mondi rappresentano il primo momento di un percorso in divenire le cui prossime date sono previste a Siena il 12 e 13 ottobre per Voci di Fonte 2012 (secondo studio) e a Milano dal 29 novembre al 10 dicembre per il debutto nazionale al Teatro i.

Il movimento che Roberto Rustioni ha impresso a questo lavoro “in” Cechov è definito dal regista alla stregua di un “progetto vintage” poiché ricorda molto quel modo di incubare esperienze teatrali cui forse solo fino agli anni Novanta era ancora possibile aderire: un modo di lavorare nella dilatazione spazio-temporale che sola sembra essere adatta ad una adeguata esplorazione dell’oggetto di ricerca. In questo caso, la lunga gestazione è stata resa possibile da una co-produzione siglata Associazione Teatro C/R insieme a Fattore K con il contributo della manifestazione andrese.Tutto è iniziato con un laboratorio permanente under 35 organizzato negli spazi dell’ex Paolo Pini a Milano.

In tale contesto Rustioni ha potuto non solo saggiare la materia, Cechov, ma anche selezionare gli altri membri del cast, le brave Valentina Picello e Roberta Rovelli (che in scena compaiono insieme a Rustioni e al già storico compagno di strada Antonio Gargiulo), la drammaturga Chiara Boscaro e l’assistente alla regia e alla drammaturgia Filippo Renda
Lo spazio scenico, ad Andria rappresentato dalla non felicissima location della Biblioteca di Sant’Agostino, è un quadrato con dieci sedie, disposte sul perimetro delle tre pareti di scena rigorosamente nere, e due tavoli. Gli attori accolgono il pubblico (non più di 60 spettatori alla volta) e quando tutti hanno preso posto raccolgono un foglio di carta e iniziano a leggere. Sono testi adattati dalle “Lettere di Cechov”, una per ciascuno. Una nota che definisce immediatamente il registro prescelto per addentrarsi nella esplorazione del mondo interiore di Cechov, grande interprete dell’umano che ebbe a dire di sé di avere avuto per moglie la medicina e per amante la letteratura.

Il lavoro laboratoriale ha e continua ad avere una decisa connotazione autobiografica in un gioco di intrecci fra il vissuto di ciascuno degli attori e la biografia del grande russo. Sicuramente è quanto emerge dai due atti unici presentati, “La proposta di matrimonio” e “L’orso” (cui si allineerà anche “L’anniversario”), ma anche da altri frammenti capaci di restituirne la più autentica verità esistenziale. Il risultato è stato quello di avere toccato delle corde emotive importanti nella maggior parte del pubblico, che ha molto apprezzato questo primo studio.

Tre atti unici da Cechov (photo: Chiara Boscaro)
Tre atti unici da Cechov (photo: Chiara Boscaro)
La questione del testo, da parte sua, ha un po’ diviso, ma è di fatto l’elemento chiave di questo lavoro giacché, Rustioni ne è certo, «per recitare Cechov non bisogna recitarlo e meno lo reciti più lo reciti bene». Un obiettivo raggiungibile unicamente con un lavoro attorale capace di allontanare il più possibile da un teatro di rappresentazione per incanalare verso un teatro che è agito e non recitato, in un processo che deve partire da un lavoro dell’attore su di sé.
«Fin dal laboratorio» – chiarisce Rustioni – «abbiamo lavorato molto sul personale in una rima con Cechov da tutti i punti di vista: ho fatto compiere esercitazioni tali per cui alcuni accadimenti biografici degli attori determinassero simmetrie con accadimenti interni agli atti. Senza psicologismi o psicodrammi ma per tenere il più possibile gli attori prossimi a sé e ad una verità scenica». Ecco dunque quella che sembra davvero essere una ‘prima assoluta’ nell’adattamento testuale di questo classico-contemporaneo, un giudizio che è emerso anche nel dialogo/consulenza con e di Fausto Malcovati, presente ieri al festival. 
La parola finita (almeno a questo punto del movimento) è quindi lontana dal Cechov storico, dai samovar e dagli ombrellini, ma decisamente vicina ad un Cechov reale che si avvale di riassemblamenti e spostamenti. Emblematici, in questo senso, la scena iniziale della Popova molto abbreviata, la riduzione ad una delle due schermaglie nel primo dei due atti unici, ma soprattutto l’inserimento di un cameo della individualizzazione attorale qual è la scena di isterismo di Natalia, che non è presente nell’originale ma di fatto esiste nell’isterismo del personaggio.

Ulteriore elemento che qui si palesa è il lavoro sul corpo, affidato ad una brillante Olimpia Fortuni, curatrice delle coreografie in una dinamica sinfonia che diviene pacificante attraversando gli atti ma che è da principio una cacofonia di gesti, ad indicare forse la complessità delle relazioni e della comunicazione. In particolare quella fra il “lui” e la “lei” che continuamente ritorna nei tre ‘capitoli/studi’. Ed è proprio questo il filo rosso che lega ogni momento di questo movimento. 
Una sigla che Rustioni ha ritrovato in una citazione cecoviana da una poesia di Raymond Carver che si intitola “Il posacenere”: 

Potresti scrivere un racconto su questo posacenere,
per esempio, e su un uomo e una donna.
Ma l’uomo e la donna saranno sempre i due poli del racconto.
Il Polo Nord ed il Polo Sud.
Ogni racconto ha questi due poli-lui e lei.
A.P. Cechov. 

Tre atti unici da Cechov
Primo studio: Andria

Ideazione e regia: Roberto Rustioni
con: Antonio Gargiulo, Roberto Rustioni, Valentina Picello, Roberta Rovelli
Traduzione ed adattamento: Roberto Rustioni
Drammaturg: Chiara Boscaro in collaborazione con Filippo Renda
Consulenza: Fausto Malcovati
Movimento e coreografie: Olimpia Fortuni
Durata: 1h 05′
Applausi del pubblico: 3′

Visto ad Andria, Biblioteca S. Agostino, il 29 agosto 2012
Festival Internazionale di Andria Castel dei Mondi
 

 
 

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