Dedalo e Icaro all’Elfo. Eco di Fondo nel labirinto dell’autismo

Dedalo e Icaro (photo: Laila Pozzo)
Dedalo e Icaro (photo: Laila Pozzo)

Ancora la diversità al centro della poetica del Teatro Elfo Puccini di Milano. Dopo “Frankenstein” di Elio De Capitani, di recente riproposto al Filodrammatici; dopo il successo dello “Strano caso del cane ucciso a mezzanotte”, ecco “Dedalo e Icaro”, drammaturgia Tindaro Granata, regia Francesco Frongia e Giacomo Ferraù.

Sul palco i bravi attori di Eco di Fondo, per la prima volta con Vincenzo Giordano, con i movimenti scenici di Riccardo Olivier (Fattoria Vittadini).
In scena una delle tante varianti dell’autismo: l’incapacità d’interagire, di articolare pensieri e suoni, di dare un senso comunicativo a gesti e movimenti. Al centro dello “Strano caso” c’era invece un ragazzo con la sindrome di Asperger. Chi prova a definire quale dei due spettacoli presenti l’autismo in modo più attendibile, mostra di ignorare le molteplici forme che ne compongono lo spettro. Occorrono sensibilità e cautela per accostarsi a questo modo di essere. Occorre vincere il pregiudizio e la smania di etichettare.
Ciò che rimane inalterato è il senso di spaesamento delle persone che si confrontano con questi mondi sofferti, partendo dalle famiglie. Lo spaesamento è dolore e impotenza, ma anche stupore, come di fronte a un alone misterioso.

“Dedalo e Icaro” nasce in un silenzio lunare. La scena come un recinto. Calma amorfa. Voci remote come di astronauti nello spazio. Timidi bagliori nel buio. Creature incerte incedono in un non luogo deserto. Lenzuola bianche avvolgono vecchi mobili.
Così si sente un familiare alle prese con una persona autistica: come un relitto in balìa delle onde. Spoglio dei sentimenti propri e altrui. Senza l’emozione del contatto o del gioco. Senza la chance di una vita orientata a obiettivi tangibili. Senza la gioia di un sorriso, di un contatto oculare.

L’autismo è un muro di gomma. “Dedalo e Icaro” evoca il bisogno d’amore di un padre verso il figlio. Traccia lo sconforto di fronte all’enigma.
Vincenzo (Vincenzo Giordano) è un padre che non vuol saperne di arrendersi. Il suo non è ottimismo ma accanimento. È rabbia, irragionevolezza titanica. Assistiamo, nel dipanarsi della storia, alle lacerazioni dettate dall’incomunicabilità.
L’autismo è intrico senza uscita. Non resta che guardare il cielo. Il sole brucia, eppure traccia una speranza.
Vincenzo vorrebbe dotare il figlio Giacomo di ali robuste. Vincenzo lotta con la moglie Giulia (Giulia Viana) e l’altro figlio Libero (Libero Stelluti). Prova a unire le forze. Si batte contro la diffidenza, il sospetto, i pregiudizi, la commiserazione. Gli accessi d’ira di Vincenzo sono urla di frustrazione, sono le grida impotenti di chi ha paura. Ma lui non si rassegna.

Giulia Viana spazia tra le crisi, le fughe e i ritorni di una madre. Quando inforca gli occhiali, diventa una pediatra che prova a dare qualche dritta velleitaria. Viana deforma la recitazione per dar vita anche ad altri personaggi di contorno, forse pleonastici.
Stesso discorso per Stelluti, bravo a spaziare tra diversi ruoli, ma credibile e drammaturgicamente efficace soprattutto quando incarna il fratello di Giacomo. Libero rappresenta l’avvilimento di chi si sente trascurato. Libero è chiamato a essere perfetto per non causare altre turbe ai genitori. Egli dispera, nella solitudine, di vivere una vita “normale”. Forse si ritiene debole per sopportare il carico del fratello più fragile di lui, quando i genitori non ci saranno più.

Ma il centro della pièce è Giacomo, Icaro dalle ali sguarnite, in bilico, sull’orlo, sempre sul punto di precipitare. Giacomo Ferraù dà spessore a una performance sofferta, muta, disarticolata. Giacomo è astronauta senza navicella. Oscilla tra calma apparente e nevrosi. E’ magma pronto a eruttare. Un mix d’apatia e aggressività sembra disperdere gli sforzi di chi lo circonda.
“Dedalo e Icaro” è uno sguardo poetico, delicato, sulla diversità che ci riguarda. Sotto le maschere siamo tutti inermi. Sarà per questo che i nomi dei personaggi in scena coincidono con quelli degli attori.
Eppure si può imparare ad amare. Si può imparare a volare. Per uscire dal labirinto. A costo di bruciare. Col rischio di cadere.
In scena fino al 3 febbraio.

Dedalo e Icaro
uno spettacolo Eco di fondo
drammaturgia di Tindaro Granata
regia Giacomo Ferraù e Francesco Frongia
con Giacomo Ferraù, Giulia Viana, Libero Stelluti, Vincenzo Giordano
luci Giuliano Almerighi
scenografia Stefano Zullo
assistente alla regia tirocinante Pietro Mauri
coproduzione Teatro dell’Elfo ed Eco di fondo
con il sostegno del MiBAC e di SIAE, nell’ambito dell’iniziativa “Sillumina – Copia privata per i giovani, per la cultura”.

durata: 1h 15’
applausi del pubblico: 4’

Visto a Milano, Teatro Elfo Puccini, il 15 gennaio 2015
Prima nazionale

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