Giuliana Musso tra le memorie della Fabbrica dei preti

Giuliana Musso in La fabbrica dei preti (photo: Officine fotografiche)
Giuliana Musso in La fabbrica dei preti (photo: Officine fotografiche)
Giuliana Musso in La fabbrica dei preti (photo: Officine fotografiche)

Ogni fabbrica ha le sue regole, non sempre apprezzabili, non sempre condivise. Ma quelle della fabbrica dei preti sono piuttosto difficili da digerire. Obbedienza ceca, muta e sorda. E’ sufficiente la fede? Questa fabbrica snerva, accomoda, e poi spedisce nel mondo.
“Toglie realtà ai vari modi di essere uomini” diceva Pasolini nella sua critica al boom economico, che difficilmente fa pensare ad un buon risultato, ad una buona vita.
Anche qui di boom si è trattato. I seminari degli anni ’50 e ’60 hanno formato (e sfornato) una generazione di preti che sono stati ordinati negli anni in cui si chiudeva il Concilio Vaticano II. Ora quei preti sono quasi “in età da pensione”, e possono tracciare il bilancio di una vita.

Attraverso un lavoro d’indagine, narrazione, poesia di immagini in bianco e nero e canzoni d’autore (Giovanni Panozzo, Daniele Silvestri, Mario D’Azzo), Giuliana Musso mette insieme i pezzi e racconta un mondo, a metà. Storie di uomini a cui l’attrice si “presta” completamente.

Appesi in scena, pronti per essere indossati, ci sono una tuta da operaio, un abito da sposo e uno tutto nero, da prete. L’abito ha una taglia, il suo peso. Un’etichetta, l’indirizzo di una vita. Ed è anche inizio o fine di una storia.

La drammaturgia de “La Fabbrica dei preti” – qui al suo debutto – è stata costruita attraverso la raccolta di testimonianze dirette, lo studio di un’ampia bibliografia, e una ricerca fotografica compiuta insieme a Tiziana De Mauro, foto d’archivio e album privati montati poi in video da Giovanni Panozzo e Gigi Zilli.
Un work in progress realizzato anche con la collaborazione di Massimo Somaglino, con il quale la Musso ha già lavorato in precedenti spettacoli (“Nati in casa”, “Sexmachine”, “Tanti saluti”).

Delicata, deliziosamente ironica, immediata. In questo nuovo lavoro, andato in scena al Cineteatro Bersaglieri di Spinea, fra la lettura di un regolamento-normativa asettico di centinaia di paragrafi che non finiscono mai, Giuliana Musso racconta tre storie: racconti di vita, fatti, emozioni, bisogni, silenzi e ribellioni che condensa in tre personaggi.
Sono racconti in prima persona, con gli occhi un po’ annacquati dall’età, ma con memoria sempre viva e lucida. Certo, l’educazione seminariale non ne esce bene: tutta devozione, rinuncia e castrazione (per dirla con leggerezza). In particolare il rapporto uomo-donna, e l’idea clericale della donna (“animale mitologico, nemico col quale non fraternizzare, ostacolo tra uomo e Dio, manza da macellaio con parti buone e meno buone) viaggia tra l’assurdo e il tragicomico.

Il monologo non vuol però essere una denuncia, non impasta cronaca per alimentare un giudizio, e non vuole nemmeno diventare giustificazione, discolpa. Ma offre, con sincerità e asciutta drammaticità, uno sguardo tenace, sofferto, a volte arrabbiato, altre disabitato, sulla dimensione umana dei sacerdoti e sull’educazione impartita durante gli anni di seminario. Un omaggio – dice con emozione l’autrice-attrice al pubblico prima di iniziare – a tutta quella generazione di preti entrati nel seminario prima del Concilio Vaticano II, ed immessi nel mondo (un mondo di speranze post-concilio) subito dopo.
Ma anche un omaggio a don Antonio Bellina e alla sua “fabrica dai predis”, da cui l’attrice veneto-friulana ha tratto ispirazione.

In scena a Vicenza (Teatro Astra) il 17 novembre, a Castelfranco Veneto il 23 e il 28 al Teatro Ca’ Foscari di Venezia.

La fabbrica dei preti
di e con Giuliana Musso
assistenza e ricerche fotografiche di Tiziana De Mauro
collaborazione allestimento di Massimo Somaglino
realizzazione video a cura di Giovanni Panozzo e Gigi Zilli
consulenza musicale di Riccardo Tordoni
canzoni e musiche di Giovanni Panozzo, Daniele Silvestri, Maxmaber Orchestra, Mario D’Azzo, Tiromancino
organizzazione: Patrizia Baggio
produzione: La Corte Ospitale
durata: 1h 15’
applausi del pubblico: 2’ 10’’

Visto a Spinea (Ve), Cineteatro Bersaglieri, l’11 novembre 2012


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2 Comments

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  1. says: anita

    Ho assistito alla fabbrica dei preti . Belle emozioni soprattutto grazie alla musica. Potrei sapere il titolo delle canzone di Mario d’azzo?
    Grazie