Leonardo Delogu: la tappa finale del mio Camminare nella frana

Leonardo Delogu durante il progetto Bifronte|Leonardo Delogu
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Leonardo Delogu
Leonardo Delogu, in primo piano da sinistra, in una delle tappe del progetto Camminare nella frana, laboratorio itinerante per tutta Italia che terminerà a Pulsi (photo: Enrico De Santis – Progretto Bifronte)

“Dopo la mia esperienza di lavoro come interprete ho avuto bisogno di fermarmi per scendere nelle profondità dei principi fondanti di quello che chiamiamo teatro e danza. Avevo bisogno di andare alla radice per poter avanzare”.

Leonardo Delogu, attualmente milanese d’adozione, nasce a Terni nell’81 e nel 2002 inizia a studiare teatro con la Scuola Europea per l’Attore della fondazione Emilia Romagna Teatro, sotto la direzione di Cesare Ronconi e Mariangela Gualtieri.
E’ proprio Teatro Valdoca a segnare il suo cammino artistico, visto che dopo la formazione con Ert entrerà a far parte della compagnia, lavorando nelle principali produzioni degli ultimi anni.

Tra 2009 e 2010 fa parte del gruppo di lavoro biennale sulle nuove scritture per la danza contemporanea diretto da Raffaella Giordano. Da questa esperienza fonderà, insieme ad altri undici artisti, famigliafuchè, collettivo di giovani attori e danzatori impegnati nello studio del corpo e dell’improvvisazione. Dal 2010 inizia la collaborazione con la compagnia di danza catalana Malpelo, e nel 2011 entra a fare parte del collettivo di artisti Strasse.

Ed è proprio il collettivo Strasse a firmare la performance che sarà in scena stasera a Milano, al Pim Off, come anteprima della rassegna Pulsi, che avrà il suo momento clou dal 9 al 18 novembre.

Ma il percorso di Delogu si amplia anche alla didattica, e in questo senso va il laboratorio che è appena iniziato nell’ambito di Pulsi.
Il seminario è la sesta e ultima tappa del progetto di formazione indipendente Piccola scuola nomade: «Questo seminario rappresenta uno squarcio sulla ricerca che stiamo conducendo per la nuova produzione di Strasse, e dall’altro lato “Camminare nella frana” sarà l’ultima tappa di un viaggio pedagogico, di studio e ricerca sull’improvvisazione» spiega Leonardo Delogu che, in occasione della partecipazione a Pulsi, ci racconta cosa rappresenta nel suo lavoro l’improvvisazione.

«L’improvvisazione è un terreno in cui agire per ridefinire il concetto stesso, è per noi la zona principale, il luogo della generazione del fenomeno, che avviene a partire dall’ascolto del presente e dalla nostra esperienza, ovvero da come si ascolta il presente che accade, e da come ci si predispone ad ascoltarlo. Il luogo non è mai preciso, soprattutto quando si lavora con gruppi grandi ed eterogenei, e io sono abituato proprio al lavoro di rete, con 10-15 persone».

Per Pulsi saranno addirittura 25 i partecipanti al suo seminario, impegnati da sabato scorso e fino al 10 novembre. Una “classe mista”: «Ci sono due francesi, e il resto sono italiani di età diverse provenienti da tutta la penisola, con esperienze e formazioni differenti di danza o teatro, o anche del tutto privi di questi background» svela Delogu, dimostrando quanto l’improvvisazione sia per il suo lavoro «una maglia larga a disposizione dei partecipanti al seminario e dello spettatore che, il 10 novembre, parteciperà all’approdo del lavoro».

A proposito di spettatore, davanti a un’improvvisazione non si ha materiale direttamente intellegibile, come nel caso di un testo noto che viene messo in scena, eppure lo spettatore è molto attivo, più coinvolto, in quanto la sua presenza è determinante per quel qualcosa di non prevedibile che accade in quel momento. L’improvvisazione è “drammaturgia del presente”?
Sicuramente l’improvvisazione genera la vivezza della scena, ma non è riducibile a un’ideologia; semmai, è un lavoro sulla filigrana, una possibilità da giocarsi nel presente, e io cerco proprio quel bordo tra la scrittura e l’improvvisazione. Tuttavia, pur cercando di sfuggire all’impostazione, e pur prendendo le distanze da un concetto di “regia”, si può intendere l’improvvisazione come costruzione drammaturgica proprio nel momento in cui entra in gioco lo spettatore: nella ritualità di cui il pubblico è parte, io dò allo spettatore la responsabilità di costruirsi il suo “significato”, a partire dalla sua presenza, e dal modo in cui inciderà sulla scena. Questo è fondamentale per il mio lavoro, che non è sull’ego di chi improvvisa, ma sulla fedeltà al presente. Non ci preoccuperemo della comprensibilità e del significato, ma ci concentreremo sul percorso, e anche l’apertura al pubblico del 10 novembre lo sarà.

Leonardo Delogu durante il progetto Bifronte
Un altro momento del progetto itinerante con Leonardo Delogu (photo: Enrico De Santis – Progretto Bifronte)

Lo sguardo sarà il tema-filo conduttore di Pulsi, che quest’anno pone precise domande: cosa e come vedono i nostri occhi durante un’azione improvvisativa? Può la fotografia immortalare l’improvvisazione?
Rispetto al pubblico, non so cosa o come vedrà, ma posso dire che auspico si abbandoni al presente di quel fatto che si genererà, che si lasci attraversare, esattamente al contrario dello spettatore abituato a codificare ciò che vede. Sono molto concentrato sul seminario, ho la responsabilità di un gruppo coinvolto in un processo pedagogico che il 10 novembre sarà esposto: osserverò cosa succederà e mi metterò a disposizione di quel momento, della fibrillazione dell’improvvisazione. Sarà esattamente una questione di ascolto nel presente, anche rispetto alla presenza del fotografo, e sarà interessante vedere cosa accadrà con Roberto Masotti. Sono curioso di capire, e mi chiedo come la fotografia riporterà il movimento. In ogni caso, in base ad esperienze passate in cui l’improvvisazione è stata documentata da foto o video, penso che, se la foto “è dentro” al momento, accadono cose che saranno certamente una trasfigurazione del momento, ma la foto diventerà autonoma.

Intanto stasera, dalle 19 alle 21, un progetto firmato dal collettivo Strasse e curato da Francesca De Isabella, Sara Leghissa e Daria Menichetti: ogni spettatore sarà invitato a salire a bordo di un’automobile e a selezionare un brano tra quelli indicati in una playlist.
Fuori dall’auto l’improvvisazione delle tre performer si dipanerà senza interruzione nell’arco di due ore, consentendo il ricambio degli spettatori.
Nell’intimità di un ambiente privato, generato dallo stare chiusi in un’automobile, si vivrà un mondo protetto e il clima che si percepisce tra dentro e fuori: l’apertura lenta verso ciò che sopravvive oltre il vetro, lo spazio, l’aria, le presenze.

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