L’immorale si fa morale. Luc Bondy e il Ritorno pinteriano

Le retour di Harold Pinter
Le retour di Harold Pinter
Le retour di Harold Pinter secondo Luc Bondy
La tensione violenta emerge fin dalle prime battute: quelle che padre e figlio si scambiano al termine di una giornata normale in un’altrettanto normale dimora dei sobborghi londinesi. Un’isola di solitudine – così la definisce il regista Luc Bondy – abitata soltanto da specie maschili: Max, un ex-macellaio in pensione, suo fratello Sam, un tassista scapolo (forse omosessuale), e i suoi due figli Lenny e Joe.

I già precari equilibri familiari vengono del tutto scardinati dal ritorno (da cui il titolo della pièce) di Teddy, figlio primogenito nonché affermato professore di filosofia, che vive da sei anni in America e ha deciso, durante un viaggio in Europa, di far tappa in Inghilterra per presentare ai familiari la donna che, a loro insaputa, ha sposato.
Sarà proprio lei, unica presenza femminile (nessun’altra, dopo la morte della moglie-madre Jessie, aveva messo piede nella casa) in questo microcosmo misogino, a provocare il vero ‘coup de theatre’. Non solo Ruth si concederà a uno dei due cognati, ma deciderà di accettare la proposta dei familiari appena acquisiti di prostituirsi, lasciando che il marito torni da solo negli Stati Uniti, e dettando condizioni ben precise per la nuova professione, con tanto di boudoir dotato di tutti i comfort, governante compresa.

L’insensatezza della vicenda viene sorretta ed alimentata dall’atteggiamento calmo e indifferente dei personaggi, compreso il più diretto interessato, Teddy. Anche lui infatti non si scomporrà davanti al tradimento, né alla scelta della moglie di vendere il proprio corpo. Facendosi così complice di un universo desacralizzato, dove tutte le regole legate alla famiglia vengono infrante e l’immorale diventa morale.

Costellato da un umorismo nero, il testo di Harold Pinter ci conduce verso un’esegesi dei rapporti umani e dell’istituzione familiare di cui vengono esaltati i tratti più orrorifici. Violenza, incomunicabilità, rancori repressi (nella maggiorparte dei casi i protagonisti si relazionano per sollevare accuse all’altro o per difendersi da queste), in un giocoforza tipico di un microcosmo maschiocentrico ma soprattutto di una middle class inglese degli anni ’60, arrivista e conservatrice. E’ forse proprio per questo che l’opera, riproposta da Bondy pressoché fedelmente rispetto all’originale, sembra aver perso d’attualità.
Tanto che lo spettatore fatica a comprendere in maniera empatica il significato generale e il senso specifico di tensioni che sembrano, tutto sommato, fini a se stesse.

Pur essendo privo di momenti che svettano, lo spettacolo risulta nel complesso imponente e strutturato grazie a due elementi. Innanzitutto la scenografia curata, che ricostruisce nei minimi dettagli lo squarcio di un appartamento (con tanto di cucina, bagno, cameretta-ripostiglio, scale che conducono alla zona notte…), realizzando un perfetto quadretto realistico.
Ma soprattutto grazie all’interpretazione magistrale degli attori, grandi nomi del panorama internazionale teatrale e cinematografico. Oltre alla bravura di Bruno Ganz (che con questo ruolo chiude la sua carriera a teatro) nei panni di un vecchio patriarca brutale e tirannico, spicca la performance di Micha Lescot, in grado di esasperare la vulnerabilità e i sintomi del profondo squilibrio mentale di Lenny. Accanto a loro, altrettanto in parte, Louis Garrel, Pascal Greggory, Jerome Kircher ed Emmanuelle Seigner.

“Per incarnare le rivalità, i desideri che sottostanno ai personaggi non bisogna lasciare spazio alle astrazioni – ha dichiarato il regista rivolgendosi agli attori in conclusione delle prove dello spettacolo, che ha debuttato a Parigi lo scorso anno – La psiche di ciascuno deve caricarsi ed entrare in tensione; bisogna essere concreti come un quadro di Lucian Freud o di Francis Bacon”.
A quanto pare, lo hanno ascoltato.  

LE RETOUR (The Homecoming)
di Harold Pinter
traduzione: Philippe Djian
regia: Luc Bondy
scene: Johannes Schütz
costumi: Eva Dessecker
luci: Dominique Bruguière
con:  Bruno Ganz, Louis Garrel, Pascal Greggory, Jérôme Kircher, Micha Lescot, Emmanuelle Seigner
produzione: Odéon-Théâtre de l’Europe, Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa, Wiener Festwochen Vienne, Les Théâtre de la Ville de Luxembourg, Schauspielhaus – Zürich, MC2 Grenoble, Théâtre National de Bretagne-Rennes
con il sostegno del Signor Pierre Bergé e del Cercle de l’Odéon
durata: 2h 20’’
applausi del pubblico: 2’ 20’’

Visto a Milano, Piccolo Teatro Strehler, l’8 maggio 2013


 

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