Mother di Valentina Versino. Nude e bianche come il latte e la farina

Mother
Mother
Photo: Claudio Oliva

A Roma, al Pigneto, la storica borgata dell’”Accattone” pasoliniano, trasformata da qualche anno in quartiere alla moda, tra vintage shop e bar à book, da qualche anno è spuntato uno spazio multifunzionale che propone laboratori e spettacoli di danza contemporanea. Si tratta di Duncan 3.0, che ha ospitato la settimana scorsa “Mother”, spettacolo con la regia e la coreografia di Valentina Versino, che nella sua ricerca fa danzare corpi accompagnandoli con immagini proiettate sullo sfondo.

Abbiamo visto “Mother”, guarda caso, proprio il giorno della festa della mamma. Anche se – in questo caso – la madre non è evocata, semmai celebrata o esorcizzata.
Lo spettacolo mostra il corpo come malattia ma anche come possibilità. Le quattro danzatrici in scena trasmettono affiatamento, nelle coreografie vigorose, nei movimenti pregevoli e originali, anche se poco coordinati, e nelle scarse parole con cui tra loro si trasmettono amore. Un amore che forse è mancato al corpo malato, sfregiato da una magrezza eccessiva e mostrato al pubblico come incipit, ma anche velato da un gioco di luci suggestivo.
E, poi, come contrapposizione concettuale: video di latte e danza di farina, elementi gastronomici essenziali che rivelano una vana speranza di salvezza: la tavola sarà imbandita di tutto fuorché di cibo. Una tavola che spunta da un altro video proiettato – forse il più incisivo – ma che è anche lì, accanto al pubblico, e diventa imbandita di specchi, un reggiseno, una scarpa col tacco, un rossetto, una collana di perle, un orecchino. Simboli di una femminilità precostituita, di un cliché di bellezza convenzionale. Un rifiuto, come i piatti rotti che appaiono sullo schermo e i cui rumori suggeriscono i movimenti: forse la madre e la massaia che si ribellano in cucina.

Clara, la protagonista (ma in scena ci sono due, tre, quattro Clara che giocano ad assomigliarsi con un caschetto biondo platino), vive l’amore in modo non sano, il suo amore la divora. Valentina Versino, regista, interprete e coreografa, mette in scena uno spettacolo in cui crea immagini forti ed evocative, soprattutto nelle fasi iniziali, quando due nudi così diversi eppure entrambi bianchi, quasi invisibili, si sfiorano, si toccano.
Ci sarà un pensiero anche a tutti i “dannati della terra” cari a Sartre (si legge nel programma di sala) e alla loro poesia resistente.
Buone le premesse, interessante il risultato finale; restano interrogativi su come e quanto l’arte debba essere lo specchio dell’artista, dubbio che porta talvolta alla messa in scena del genio, talvolta all’autocompiacimento, o peggio all’autocelebrazione. Anche se un malessere rappresentato è già di per sé una speranza di riscatto.

MOTHER
regia e coreografie Valentina Versino
interpreti: Valeria Loprieno, Alessia Pinto, Emanuela Ventura, Valentina Versino
musiche originali e dal vivo: Luisiana Lorusso
luci: Tommaso Natale
video: Domenico Catano
riprese: Andrea Giannone
produzione: Whycompany
durata: 40’
applausi del pubblico: 2’ 11’’

Visto a Roma, Duncan 3.0, il 9 maggio 2010

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  1. says: Daniele T.

    Mi pare d’aver letto una recensione di questo spettacolo su un vecchio Prima Fila di alcuni anni fa… possibile sia un lavoro così d’antan? La recensione che ricordo era comunque positiva e mi aveva incuriosito. Sarà stato almeno 7-8 anni fa, possibile? Qualcuno ne sa nulla? Sono io che sono matto?