Per la ragione degli altri: Alchemico Tre e la famiglia di Pirandello

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Photo: alchemicotre.com|Photo: Alchemico Tre

Può una commedia di Pirandello, di ambiente familiare, scritta dal drammaturgo siciliano alla fine del 1895, parlare ancora a noi, più di un secolo dopo, nonostante tutti i cambiamenti che sono avvenuti nella società?
Mettendo in scena “La ragione degli altri”, che debuttò per la prima volta con protagonista Irma Gramatica al Teatro Manzoni nel 1915, Michele Di Giacomo e Riccardo Spagnulo – regista e dramaturg – ci hanno creduto, tradendo in qualche modo il testo a fin di bene.

Al centro della vicenda ci sono due donne e un uomo, in un classico triangolo molte volte sperimentato con successo: il marito, la moglie e l’amante. Nella versione di Alchemico Tre vista a Milano al Teatro dei Filodrammatici, significativamente intitolata “Per la ragione degli altri”, sono loro stessi – il marito, la moglie e l’amante – a uscire dalla finzione dei tre schermi che punteggiano la scena, per raccontare direttamente al pubblico, come veri personaggi pirandelliani, la storia che urge loro dentro.
Ma al centro della vicenda c’è anche e soprattutto una bambina, che l’uomo ha avuto dall’amante, ora non più giovane.

E’ una storia di provincia, quella che viene messa in scena, senza orpelli di sorta, dove il marito, un uomo mediocre, giornalista di provincia che vorrebbe fare lo scrittore, non sa scegliere tra la ricca moglie e l’amante, forse proprio perché c’è la bambina a cui è molto attaccato, forse anche perché senza i soldi della moglie non potrebbe vivere, dovendo mantenere pure l’altra famiglia.
Ma poi cosa sarebbe la famiglia? E’ cambiato oggi il suo concetto?
E’ proprio su questo argomento che l’uomo sta conducendo un’inchiesta giornalistica prima di essere licenziato, di cui conosciamo i vari punti di vista da alcune dichiarazioni in video (e ancora: è importante sapere cosa pensano gli altri?!).

Intorno ai tre protagonisti navigano personaggi secondari, restituiti con la sola voce dai tre interpreti: Giorgia Coco, lo stesso Di Giacomo e Federica Fabiani, che vestono i ruoli del padre della ragazza, un rude siciliano che non comprende come mai la figlia non reagisca di fronte all’infedeltà evidente del marito, e il direttore del giornale che, stanco della inettitudine del protagonista maschile, lo licenzia su due piedi.

Saranno le due donne a risolvere la questione perché, come si sa, sono le donne ad avere coraggio, testa e cuore più dei maschi, e così la moglie si porrà direttamente di fronte all’amante prospettandole la migliore situazione: fare in modo che la bambina vada a vivere per il suo bene con lei, così potrà crescere in una ricca famiglia, frenando al contempo i pettegolezzi di una provincia ancora oggi perbenista; forse in questo modo anche il marito potrà diventare più consapevole del proprio ruolo.
L’amante accetta le ragioni degli altri e si sacrifica per il bene della figlia. Ed è probabilmente l’unica, come madre, a sacrificare una parte di sé in favore di chi la circonda, l’unica a subire la ragione degli altri.
Perché infatti qui ognuno ha le sue ragioni, le proprie visioni sulla vicenda messa in scena, perfino il pubblico, che assiste allo spettacolo e con cui gli interpreti sempre interagiscono. Anzi, alla fine marito, moglie e amante scenderanno dal palco per unirsi alla platea: ciascuno a suo modo potrà portare a casa la storia dal suo punto di vista.

Tolto il forte naturalismo pirandelliano, Riccardo Spagnulo, dramaturg dello spettacolo, lo trasferisce alla forza delle parole dei tre convincenti interpreti, alle voci reimpostate dei personaggi di contorno che escono dai microfoni, alle didascalie che leggiamo sugli schermi dei visori, con le persone comuni che pontificano su come gli altri dovrebbero comportarsi.
Di Giacomo e Spagnulo mescolano le carte per ricordarci quanto oggi, come del resto sempre è accaduto, sia difficile prendere delle decisioni senza ferire chi ci sta intorno, e nel medesimo tempo come sia difficile vivere la propria vita senza compromesso alcuno con chi ci giudica, pronto inevitabilmente a condannarci.

Per approfondire meglio le ragioni dello spettacolo abbiamo chiesto a Michele Di Giacomo, regista e interprete, le problematiche inerenti alla riscrittura della commedia pirandelliana.

Photo: Alchemico Tre
Photo: Alchemico Tre

Pirandello ci parla ancora?
Al di là dei temi, Pirandello parla costantemente del conflitto tra individuo e società, un conflitto che spesso si conclude stritolando l’individuo. Sono certo che questo conflitto sia eterno e attuale. Nonostante la società raccontata da Pirandello sia un’Italia antica, su alcuni aspetti, soprattutto nei perbenismi e nelle “morali collettive”, non è cambiata così tanto. Guardare a Pirandello è guardare a come eravamo per comprendere che non siamo poi molto diversi.

Perché avete scelto proprio questo testo?
L’ho incontrato e studiato in un corso di Formazione ERT con Castri, dove c’erano anche Giorgia e Federica, le due attrici che ho scelto. E’ uno dei suoi primi testi, e Pirandello non era ancora così abile da nascondere con la tecnica la crudeltà che ne è alla base, quindi perfetto da rielaborare. Il testo ci parla di rapporti senza amore e di come il concetto di famiglia perfetta, felice, il matrimonio, l’essere madre o padre, ci condizionino nella nostra vita intima e sociale.

In che senso avete tradito Pirandello?
Abbiamo dovuto tradirlo per rendergli giustizia, come diciamo con Riccardo Spagnulo; gli abbiamo messo un cappotto nuovo per farlo arrivare a tutti.

In che modo è avvenuto?
Innanzitutto nella lingua: abbiamo semplificato, tagliato e riscritto. Poi abbiamo inserito il tema della rappresentazione, caro a Pirandello, usando più modalità – dal postdrammatico alle scene naturalistiche, fino al coinvolgimento del pubblico. Infine abbiamo inserito un’inchiesta sulla famiglia che il protagonista, un giornalista, cerca di realizzare. Abbiamo fatto vere interviste durante i mesi di prove, e scritto nuove scene per comprendere cos’è la famiglia oggi.

Essendo mutata la concezione ed il ruolo della famiglia, Pirandello oggi avrebbe scritto la commedia in modi diversi?
Le leggi sulla famiglia sono cambiate, certo, ma anche oggi ci sono resistenze sul tema. Negli ultimi anni molte sono le manifestazioni in difesa della “famiglia tradizionale”. Il tema centrale è la necessità di diventare come gli altri vorrebbero che fossimo, ma spesso solo per soddisfare un proprio egoismo: qui la moglie e il marito agiscono per sé. Chissà, forse oggi Pirandello l’avrebbe scritta come abbiamo fatto noi.

Come attore, come ti poni davanti al personaggio di un dramma borghese come questo e, invece, alla follia autodistruttiva di Mark Renton in “Trainspotting”?
Amo creare personaggi, il mio approccio al lavoro è sempre lo stesso, al di là dei linguaggi in cui si dovrà tradurre, più “boghese”, “più naturalistico” o più “performativo”. Cerco il nero, i motori emotivi, i contrasti e una verità di fondo. “Trainspotting” è scritto spesso in terza persona, quindi quello che Mark pensa lo dice, ho perciò lavorato sul corpo e le sensazioni; in “Per la ragione degli altri” il personaggio si nasconde continuamente, finge di essere una vittima, recita una parte e spesso cerca complicità col pubblico, è un ometto immaturo ed egoista, ho lavorato quindi più su cosa nascondere e cosa mostrare. Il motore per me è comunque sempre lo stesso ma la forma cambia in base alla drammaturgie.

PER LA RAGIONE DEGLI ALTRI. Un tradimento di Pirandello
riscrittura di Michele Di Giacomo e Riccardo Spagnulo
regia Michele Di Giacomo
con Giorgia Coco, Michele Di Giacomo, Federica Fabiani
dramaturg Riccardo Spagnulo
responsabile tecnico e scene Riccardo Canali
luci Valentina Montali
video Giuseppe Cardaci
suono Fulvio Vanacore
produzione Alchemico Tre
col sostegno di ATER e il Comune di Mercato Saraceno (FC)

durata: 1h 30′

Visto a Milano, Teatro dei Filodrammatici, il 26 febbraio 2019
Prima nazionale

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