Prove di drammaturgia: Performing pop a cura di Fabio Acca

La copertina del nuovo numero curato da Fabio Acca

E’ stato presentato la scorsa settimana, attraverso un dibattito-incontro ai Laboratori DAMS di Bologna, l’ultimo numero della rivista semestrale “Prove di drammaturgia”, realizzata dal Cimes-Dipartimento di Musica e Spettacolo dell’Università di Bologna

La copertina del nuovo numero curato da Fabio AccaAll’incontro, coordinato da Gerardo Guccini, direttore della rivista e responsabile scientifico del Cimes, hanno partecipato il curatore di questo numero della rivista, Fabio Acca, con Lucio Spaziante e Andrea Laino, realizzatori di alcuni degli interventi sul tema scelto che ruota attorno a due nuclei densi: performance e pop.

Le ragioni della scelta di Fabio Acca sono interessanti: prima di tutto la passione personale verso la forma più immediata e riconoscibile della cultura pop, la musica, con i simboli e le icone che hanno generato un immaginario da cui non si può prescindere; e poi i discorsi che si sono intrecciati nel corso del tempo intorno a questo aspetto così specifico della cultura occidentale, in ambito accademico e non.

Ragioni forti che emergono dal suo racconto della genesi di questo numero di “Prove di Drammaturgia” e che nascono da una necessità che è anche provocazione.
In ambito universitario, soprattutto in Italia, l’universo pop difficilmente è stato oggetto di interesse e studio, nonostante la pervasività del fenomeno nella vita quotidiana. Retaggio di un’impostazione culturale che ha tracciato una linea netta tra le cosiddette “cultura alta” e “cultura bassa”; ma non solo. Secondo Acca, un’ulteriore difficoltà degli studiosi accademici nel confrontarsi e dialogare con il pop è stata ed è la sua natura trasversale, capace di attraversare non solo diversi livelli culturali, ma anche differenti campi d’indagine; una sorta di sguardo ibrido e talvolta contraddittorio che mescola cultura, industria culturale e mercato, e che comunque rimane difficile da definire e da delimitare. Proprio perché quello del pop è un andamento rizomatico che attraversa differenti piani, disegnando traiettorie decisamente non lineari.
Non a caso lo stesso termine, pop, rappresenta un problema: familiare per la quantità di immagini e riferimenti che davvero si sono radicati in un immaginario condiviso e, allo stesso tempo, sfuggente per la mancanza di categorie condivise capaci di strutturare e oggettivare un’esperienza collettiva. Ha origine nella musica, fa riferimento ad un destinatario preciso, il mondo giovanile e adolescenziale almeno alle origini, ha forti radici nell’arte visiva; poi si è declinato in altre forme e ha coinvolto questioni come l’identità, lo spettacolo, il rapporto tra finzione e autenticità.
E il numero della rivista, con le sue 64 pagine dedicate all’argomento, riesce a fornire una visione completa e interessante, affrontandola da tre punti di vista.

In apertura, un inquadramento teorico ricco di riferimenti che spaziano in varie discipline e campi d’indagine: dalla semiotica alla teatralogia passando per la sociologia e gli studi sui nuovi media, con un buon equilibrio tra indagine storica e spunti per riflessioni a venire.
La seconda parte propone delle possibili applicazioni di questa mappa teorica a esempi concreti: Peter Gabriel, Demetrio Stratos, Patty Pravo, Lady Gaga.
La terza e ultima parte, forse in questa sta l’aspetto più pionieristico dell’idea di Acca, è dedicata alle realtà italiane di teatro di ricerca che si sono confrontate con il pop nel proprio percorso artistico: Motus, Babilonia Teatro, Teatro delle Moire, Kinkaleri, Teatro delle Albe, Teatro Sotterraneo e ricci/forte.
Ognuno dei gruppi lo ha fatto secondo la propria specificità, attraverso citazioni o addirittura in opposizione, come nel caso di ricci/forte, che aprono così il loro intervento: “Il pop è un cadavere. Un tanfo di putrefazione emanato da un brandello di carne attorno al quale, scacciando il nugolo di mosche, proviamo a strappar via gli ultimi filamenti, abbracciati all’osso in virtù di un nutrimento sempre più accanito ancorché privo di sostanza”.

L’aspetto coinvolgente di questo bel numero di “Prove di Drammaturgia” è proprio nel tentare di aprire un campo d’indagine, portando differenti punti di vista nel trattare un tema assimilato nell’esperienza artistica e di vita, ma poco trattato. Un’indagine che avvalendosi di contributi solidi, molto interessante quello di Lucio Spaziante, permette di leggere e affrontare il pop che, a pieno diritto, entra e fonda il quotidiano di più di una generazione. Anche in un ambito che apparentemente ne sembra lontano anni luce, come il teatro.
È significativa una delle osservazioni conclusive di Guccini: a Bologna, al negozio di musica Ricordi di via Ugo Bassi, ci sono foto di icone della musica pop e rock e tra queste, senza essere fuori posto, c’è anche Maria Callas, grande cantante lirica e diva dall’indiscutibile identità pop.

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