W4DNA. Meditazioni su danza e drammaturgia

W4DNA - Roma
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W4DNA - Roma, gennaio 2014
Photo: Gianfranco Fortuna
E’ partita la nuova edizione di Waiting for DNA, il progetto a cura di AnnaLea Antolini pensato come accompagnamento all’appuntamento che la Fondazione Romaeuropa dedica ormai da quattro anni alla danza autoriale italiana, intitolato appunto DNA.

Interessante e articolato il percorso proposto: sei week-end ricchi di iniziative che coniugano la teoria con la pratica, la visione con il fare, in uno scambio proficuo di conoscenza grazie al quale gli stimoli ricevuti in un senso arricchiscono e nutrono anche l’altro.
Ogni incontro vedrà infatti una parte dedicata a riflessioni di Ada d’Adamo intorno al tema portante di questa edizione “danza e drammaturgia”, e un’altra dedicata invece alla visione di studi, estratti coreografici, work in progress.

Intorno a questa ossatura principale prosegue, come gli scorsi anni, DNA Lab, un laboratorio di scrittura rivolto ai ragazzi che lo scorso anno, grazie al progetto iriDico 2013, avevano potuto seguire gli spettacoli di danza del Romaeuropa Festival in un percorso di analisi degli spettacoli stessi. E poi anche DNA Scritture, una attività di documentazione dell’intero progetto legata ai nuovi media, e DNA Movement, la vera novità di quest’anno, il coinvolgimento di quattro insegnanti (Diana Damiani, Maria Grazia Grosso, Chiara Ossicini e Ketty Russo) ognuna delle quali impegnata in un laboratorio legato a quanto emerso dalle visioni e riflessioni, un tentativo di far esplorare, a chiunque ne abbia desiderio, le tematiche indagate da W4DNA attraverso il proprio corpo.

Gli spazi polifunzionali dell’Opificio Telecom accolgono un folto gruppo di studiosi, ricercatori, coreografi, studenti e amanti della danza. Abituati al solito sparuto gruppo di appassionati, restiamo tutti un po’ spiazzati dall’affollamento; si cercano altre sedie là dove una volta si levavano per non subire la frustrazione del posto vuoto.
L’attenzione viene subito catturata dal parlare pacato di Ada d’Adamo, che ripercorre il sorgere e lo sviluppo del concetto di drammaturgia, nato e sviluppatosi in ambito prettamente teatrale, e di come questa pratica possa legarsi alla danza, arte in cui è “il corpo ad essere agente di comunicazione che produce senso”.

In un percorso stringato ma estremamente chiaro, la studiosa mostra come dal senso primigenio di “arte di scrivere drammi”, la drammaturgia sia ora “la scrittura della scena, la storia delle connessioni interne di uno spettacolo”, potendosi in questa maniera agganciarsi a qualunque forma di messa in scena e sostenerla.

Ovviamente parlando di danza non si può non affrontare il tema della “presenza”, dal momento che un “corpo produce senso, già per il fatto di esserci”, e la d’Adamo, sorvolando sul tanto che si è scritto intorno questo tema, lancia una breve considerazione legata al significato stesso della parola: qualcosa che si mostra, quindi “corpo che afferma il qui e ora”, ma in senso traslato “dono”, quindi “dono di sé, farsi dono nell’atto di mostrarsi”, considerazione particolarmente interessante per la riaffermazione della non possibilità per l’arte di essere oggetto economico.

Digeriamo velocemente questi spunti di riflessione e già siamo seduti per assistere al primissimo studio di “Virginia”, presentato da Giorgia Nardin, danz’autrice veneta, con alle spalle una notevole attività nonostante la sua giovane età.
Più del suo pezzo, ancora troppo acerbo e accennato per ispirare se non lontanamente delle suggestioni, è interessante il dopo performance; Giorgia si presenta infatti di fronte al pubblico con un quaderno, desiderosa di feedback sul suo lavoro da parte del pubblico.
Dopo il tempo necessario perché la visione si concretizzi in coscienza, partono le prime domande. Veniamo così a conoscere la genesi di questa necessità artistica, partita da un romanzo, “Le vergini suicide”, concretizzatasi in un solo per una giovanissima danzatrice, e ora desiderosa di trovare uno spazio più approfondito in un lavoro sulla perdita da portare avanti con persone non professioniste che hanno attraversato in qualche maniera questa esperienza.

Si libera lo spazio per permettere l’allestimento della seconda performance e ci si ritrova nell’ingresso: chiacchiere, commenti, interrogazioni, quell’humus ricco per cui un’esperienza viene veramente attraversata e assunta nel confronto.

Meditation on beauty N.2
Meditation on beauty N.2 (photo: Gianfranco Fortuna)
Rientriamo per assistere a due brani di Marina Giovannini: “Meditation on beauty N.1”, “Meditation on beauty N.2”, titoli perfettamente adeguati e coerenti con i lavori proposti.
Nessuna concessione alla spettacolarizzazione, tutto è asciutto, essenziale, perfettamente in linea con una idea di bellezza, di grazia, che trova la sua cifra non nell’enfasi ma nella semplicità.

La prima parte è affidata alla stessa Marina Giovannini, lei e tre parallelepipedi di legno in scena che sono il luogo della sua danza; appoggi, spostamenti di peso, figure che scorrono l’una sull’altra, in quello che all’inizio può sembrare un mero esercizio di stile ma che invece assume la potente significanza di un corpo che afferma la sua esistenza e in tal modo si fa portatore del suo significato. Diventano così evidentissime le parole e i concetti espressi da Ada d’Adamo nella prima parte della serata, e questo crea un piacevole senso di completezza.

“Meditation on beauty N.2”, danzato da Marta Capaccioli, Veronica Cornacchini e Lucrezia Palandri, prosegue sul tema creando dei gruppi scultorei straniati da una palla da basket che le danzatrici mettono in equilibrio, ogni volta che cambiano posizione, su una cavità orbitale.

Più che la bellezza della figura creata a colpire è l’estrema connessione dei tre corpi, connessione che passa per un ascolto profondo che li lega a un senso ritmico tutto interno. Questa relazione diventa ancora più evidente nella seconda parte del pezzo, in cui il tema della bellezza viene declinato nel senso dell’equilibrio: le tre danzatrici, legate in cerchio per le braccia, in una iconografia che rimanda a dipinti di danze bucoliche, creano una danza in cui si avvicendano sui parallelepipedi, nella ricerca continua di un equilibrio che è continuo scarto e riconquista di peso nell’assestamento.
Si è pian piano ammaliati da questo continuo scorrere, uguale a stesso eppure sempre diverso, dalla calma intensità che i tre corpi rimandano.
Al termine di questa lunga prova si ha l’esatta sensazione di aver veramente compiuto una meditazione nel senso che a questo termine danno gli orientali, fermare il flusso della mente per raggiungere un livello di consapevolezza senza pensieri.

Ma le frasi, i commenti tornano nel dopo spettacolo; riprende il sopravvento la necessità di comunicare il proprio pensiero. Ho il privilegio di assistere ai confronti informali tra le artiste e le insegnanti che saranno chiamate a lavorare praticamente sugli stimoli messi in campo in questa prima giornata, e mi ritrovo a osservare una sorta di utopia realizzata: il mondo produttivo e quello formativo che si incontrano, scambiano informazioni, si contaminano non nel giudizio o nella prevaricazione della propria specificità, ma per una possibilità di connessione.

W4DNA - Roma, gennaio 2014
Photo: Gianfranco Fortuna
Ed è con questo piacere ancora in mente che il giorno dopo assisto al laboratorio tenuto da Diana Damiani. Numerosi i partecipanti, allievi della stessa Diana, ma anche delle altre insegnanti partecipanti al progetto, così come persone interessate delle più varie estrazioni. Unico vincolo, aver partecipato ai lavori della precedente giornata.

Ritornano tutti gli echi di ciò che si era visto e sentito, e trovano una evidenza corporea nelle esperienze suggerite. Nel confronto finale gli stessi partecipanti, ieri pubblico oggi allievi, riescono a rintracciare la profondità di una creazione, il suo passare da nucleo di emozione a gesto.

Ci si saluta, ci si dà appuntamento (e noi a voi) a febbraio, per la nuova tappa.

W4DNA – Waiting for DNA
Corpo come testo: alcune riflessioni su danza e drammaturgia a cura di Ada d’Adamo

Virginia
primo studio di e con Giorgia Nardin

Meditation on beauty n.1 – Meditation on beauty n.2
coreografia Marina Giovannini
interpreti: Marta Capaccioli, Veronica Cornacchini, Lucrezia Palandri
musica: Nina Simone
produzione: CAB008
DNA movement tenuto da Diana Damiani
 

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