Antonio e Cleopatra. Malosti e Della Rosa rileggono Shakespeare guardando ai drammi contemporanei

Antonio e Cleopatra (ph: Tommaso Le Pera)
Antonio e Cleopatra (ph: Tommaso Le Pera)

Malosti è anche co-curatore della traduzione in versi dell’opera insieme alla studiosa e scrittrice Nadia Fusini

“Antonio e Cleopatra”, il nuovo spettacolo diretto da Valter Malosti, ha il merito di riportare alla ribalta uno dei drammi di William Shakespeare meno rappresentati, anche attraverso una nuova traduzione curata dallo stesso Malosti insieme a Nadia Fusini che, oltre a ridurre i personaggi, raggiunge un ottimo equilibrio tra la necessità di trasportare il linguaggio nella contemporaneità e l’obiettivo di mantenerne un’efficace musicalità.

La vicenda ha al centro la storia d’amore tra uno dei triumviri di Roma, Marco Antonio (lo stesso Malosti) e la regina d’Egitto, Cleopatra (Anna Della Rosa, finalista ai Premi Ubu 2021 come miglior attrice). Il primo ha abbandonato Roma, la moglie, la vita politica e militare, completamente assorbito dall’amore per quella che, per i suoi detrattori, è soltanto una straniera di facili costumi, una zingara lussuriosa che lo ha completamente soggiogato.
Le tensioni politiche e le minacce militari che ne mettono a rischio la posizione e l’onore, spingono però Antonio a tornare a Roma e scontrarsi in battaglia con i suoi antagonisti, soprattutto Cesare Ottaviano (Dario Battaglia), generando così tensioni nella relazione con Cleopatra, ma soprattutto un tumulto interiore nel protagonista, diviso tra il suo amore per la regina e per la vita egiziana, e la volontà di non disperdere tutto ciò per cui ha combattuto nella sua vita.

Nel complesso, sono proprio i tormenti di Antonio a risultare il cuore di questa messa in scena, sostenuti da un’ottima interpretazione di Valter Malosti, nonostante un fastidioso abbassamento di voce annunciato in sala a inizio serata.
Un tormento in cui possiamo leggere una lotta tra vecchiaia e giovinezza e sulla percezione di esse, fra attenzione alla sfera pubblica e a quella privata, tra lavoro e affetti, tra onore (cioè il punto di vista esterno degli altri su di sé) e desiderio (ossia ciò che ci fa sentire davvero vivi e posizionati esattamente dove dovremmo essere).
Inoltre la guerra, come componente dell’identità maschile e la possibilità invece di rovesciare le proprie scale di valori, non può che richiamare chiavi di lettura delle cronache internazionali della nostra attualità.

Tutte suggestioni altamente rilevanti nella nostra contemporaneità che, in questa messa in scena, finiscono per spiccare forse più della relazione tra i due protagonisti, nonostante un’ottima chimica tra i due attori e un’ammaliante interpretazione di Anna Della Rosa, che regala anche le scene comiche più riuscite. Anzi, il carisma e la forza scenica di Cleopatra, presa da sé, dalle sue gelosie, da un distaccamento dalla realtà in cui ha trascinato anche la sua idea di Antonio, contribuiscono ad amplificare la percezione dell’incertezza in cui si trova invece quest’ultimo, al cui centro non pare esserci soltanto l’amore per Cleopatra, ma piuttosto una lotta per accettare la nuova idea di sé che tale amore, insieme a una fase più matura della vita, ha generato.

Nel complesso il risultato raggiunto dallo spettacolo è solido, a partire dalla forza dell’adattamento del testo e delle interpretazioni appena citate, a cui si aggiungono quelle di un cast complessivamente di ottimo livello, tra cui vanno menzionati in particolare l’Enobarbo di Danilo Nigrelli, Noemi Grasso che conferisce alla servitrice di Cleopatra Incanto una tridimensionalità non scontata, e la performance musicale ma anche interpretativa di Dario Guidi che, nei panni di Eros, risulta particolarmente magnetico.

La qualità della produzione è molto alta, come è naturale aspettarsi dall’unione tra Emilia Romagna Teatro con Fondazione Teatro di Napoli – Teatro Bellini, Stabile di Bolzano, Stabile di Torino e il LAC di Lugano.

E questo livello traspare chiaramente su molti piani. Dal lavoro sulle luci di Cesare Accetta ai suoni di GUP Alcaro (ulteriori premi Ubu), che trasmettono a tratti interessanti effetti di straniamento e di contaminazione con mondi più pop, utili per dare forza comunicativa a un classico come questo.
Ciò riesce molto bene anche per le scene, firmate da Margherita Palli, che richiamano le atmosfere metafisiche di Giorgio de Chirico, collocando i personaggi in uno spazio elegante e un po’ sospeso fra i tempi e tra gli stili.

Su altri aspetti si intravedono invece idee che forse avrebbero potuto raggiungere un maggior compimento o, al contrario, venire abbandonate per concentrarsi con più forza solo su alcune. È questo il caso delle risate finte da sitcom, che si sentono soltanto in occasione delle prime battute di Antonio e Cleopatra, caratterizzate da un taglio interpretativo forzatamente grottesco che, nonostante rimanga poi sempre un po’ sopra le righe, da lì in avanti viene abbandonato, assieme a quell’effetto sonoro. Una scelta di rottura della finzione teatrale che può essere considerata coerente con l’idea di utilizzare pietre sepolcrali come letti per la coppia di protagonisti, come se si trattasse di personaggi che raccontano a posteriori la loro stessa storia invece di viverla (con un rimando metateatrale e di attenzione al ruolo dell’attore e del teatro caro a Shakespeare), ma che non trova abbastanza spazio, in uno spettacolo peraltro così lungo, per risultare significativa.

Anche la scelta di rivolgersi direttamente al pubblico che avviene verso la fine della pièce, seppur emozionante in relazione al momento in cui viene compiuta, proprio perché così isolata, appare più che altro come un’intuizione da portare a termine, come l’ambientazione improvvisamente contemporanea del suicidio di Cleopatra, che apre una suggestione interessante ma che, di nuovo, rimane un po’ sospesa.

Infine, i costumi di Carlo Poggioli, in bilico fra tuniche in stile peplum, giacche di pelle glam rock e inserimenti novecenteschi, non danno vita a contrasti capaci di creare un effetto davvero caratterizzante e definito.

Nonostante quindi qualche occasione da rivedere, che impedisce di attribuire al lavoro una cifra stilistica e registica totalmente a fuoco all’interno di uno spettacolo così lungo, la scommessa di ridare vita a quest’opera nel complesso funziona, soprattutto grazie al fascino dei due personaggi principali e alla rinnovata capacità di parlare al pubblico di oggi.

Antonio e Cleopatra
di William Shakespeare
uno spettacolo di Valter Malosti
traduzione e adattamento Nadia Fusini e Valter Malosti
con Anna Della Rosa, Valter Malosti
Danilo Nigrelli, Dario Battaglia, Massimo Verdastro, Paolo Giangrasso, Noemi Grasso,
Ivan Graziano, Dario Guidi, Flavio Pieralice, Gabriele Rametta, Carla Vukmirovic
scene Margherita Palli
costumi Carlo Poggioli
disegno luci Cesare Accetta
progetto sonoro GUP Alcaro
cura del movimento Marco Angelilli
maestro collaboratore e chitarra elettrica live Andrea Cauduro
assistenti alla regia Jacopo Squizzato, Virginia Landi
produzione Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale, Fondazione Teatro di Napoli – Teatro Bellini, Teatro Stabile di Bolzano, Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale, LAC Lugano Arte e Cultura

durata 2h 20’
applausi del pubblico: 3’ 55’’

Visto a Bologna, Teatro Arena del Sole, il 18 gennaio 2024

Join the Conversation

1 Comments

Leave a comment

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

  1. says: Vera Grieco

    Tristemente o sono stupida, ma sicuramente posso dire che non mi ha emozionato, né ho sentito sentimenti che venissero fuori…..per me inutilmente lungo, perché non traspaiono i sentimenti, tipo quando la serva di Cleopatra dice ad Antonio che lei è morta pronunciando il suo nome e non traspare il dolore di lui?