
Ognuno ha un suo spettacolo dei Motus a cui è affezionato, con cui si è avvicinato al loro linguaggio, alla loro ricerca, un progetto che nasce in quell’ambito dell’Emilia espressionista e visionaria di cui sono ormai parte integrante e strutturale.
Non è un caso se i loro lavori girano in tutta Europa, se la direzione della prossima edizione di Santarcangelo sarà affidata ad Enrico Casagrande, se fino a due giorni fa due spettacoli su Antigone sono stati ospitati nella rassegna Un colpo, al Teatro delle Passioni di Modena.
Tutti segnali che ci troviamo di fronte ad una delle controparti più interessanti della scena italiana, che affonda le radici negli anni Settanta, in cui si è formata l’estetica dei due registi, Enrico Casagrande e Daniela Nicolò, ma che si confronta con le nuove generazioni, non solo contribuendo a formare un importante gruppo di performer per la scena italiana (nasce anche con il loro contributo la straordinaria pluralità di sfumature attorali di Silvia Calderoni), ma sviluppando progetti di ricerca arditi come “X ICS – racconti crudeli sulla giovinezza”, che si è svolto nelle periferie dell’Emilia, piuttosto che in quella francese o della Germania dell’Est, intervistando e coinvolgendo adolescenti, studiando distanze e alienazioni.
La loro creazione è fatta di immagini del vissuto contemporaneo, mirano a mettere a nudo quel disagio che nel nostro tempo non si riesce a fare denuncia compatta, organizzata. E anche questo serpeggia nella loro estetica, nelle drammaturgie implicite, nei contenuti: la solitudine, quella passiva ma anche quella attiva, che non trova solidarietà, che non fa gruppo.
Abbiamo incontrato i due registi all’Hangar Bicocca, in uno dei primi appuntamenti della stagione di Teatro i, una delle realtà milanesi più interessanti, che anche per questo 2009/10 offre uno spaccato di arte scenica italiana ed internazionale di primo livello.
L’ospitalità per “Let the sunshine in – (Antigone) contest #1” in questo sito della periferia nord est del capoluogo lombardo ha consentito di proporre lo spettacolo in uno scenario particolare, che cerchiamo in parte di restituire nel video di oggi con alcune riprese dello spettacolo.
Il finale, con Silvia Calderoni e Benno Steinegger che cantano la celebre hit della protesta anni Settanta (che dà il titolo al primo atto del dittico su Antigone), in uno scenario di macerie di cemento con alle spalle automobili che sfrecciano e il loro microfono che prende fuoco, è davvero apocalittico, di suburbana solitudine.
La stessa che qualche anno fa aveva animato “Rumore rosa”, ispirato a “Le lacrime amare di Petra Von Kant” di Fassbinder, uno spettacolo che mi aveva ricordato alcune tavole di Gipi, il grande illustratore drammaturgo italiano, ormai fra i maggiori scrittori di fumetti europei. Gipi e Motus raccontano le stesse storie. Disegnano le stesse periferie. Gli stessi disadattamenti, le stesse disperazioni, e quel piccolo calore che di tanto in tanto trova la forza di svilupparsi.
Motus grande freddo, Motus tenue calore.
Sembra l’antinomia scenografica all’interno della quale la nostra intervista con Enrico e Daniela ha avuto luogo, il grande hangar freddo, il piccolo calore di una stufa elettrica che illumina. Parliamo di questo nuovo progetto, del loro percorso, letture possibili, introduzione al nuovo. Al movimento. Da Teatro i al Teatro delle Passioni. Ci prepariamo, mentre avviate il video, ad entrare nel teatro modenese per “Too late – (Antigone) contest #2”, interpretato da Silvia Calderoni e Vladimir Aleksic. Grande freddo fuori. Piccolo calore dentro. Vivificante.