Anticorpi Explo e la mancanza del tempo della crescita

Elisabetta Lauro e César Augusto Cuenca Torres|Le coltri stanche di Tiziana Bolfe
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Le coltri stanche di Tiziana Bolfe
Le coltri stanche di Tiziana Bolfe (photo: Marzo Bizzotto)
Déjà vu… un anno fa, stesso luogo, stessa serata: Nuova Danza Italiana, Anticorpi Explo, vetrina della giovane danza d’autore promossa dal network Anticorpi XL. In un panorama asfittico per risorse e spazi e povero dal punto di vista formativo come quello della danza contemporanea italiana, fa specie pensare quanti giovani si misurino con il pensiero coreografico, apparendo, sparendo, a volte permanendo.

Anche quest’anno sono quattro i brani in serata.
Apre il giovanissimo Nicola Galli: scricchiolio osseo di giunture sottoposte a massime estensioni, che si tramuta in scricchiolio del materiale che accoglie la sua danza, un perimetro bianco composto di sfere d’aria ermeticamente compresse; sarà questa la colonna sonora dell’intero brano.
Movimenti lineari, traslocamento del peso per punti, una danza algida e fredda che niente concede a una non razionalità che possa essere estranea all’intento iniziale.

Elisabetta Lauro e César Augusto Cuenca Torres
Elisabetta Lauro e César Augusto Cuenca Torres
Il secondo brano è un duetto estrapolato da uno spettacolo a serata intera, prima produzione per questa compagnia composta da Elisabetta Lauro, italo-inglese, e César Augusto Cuenca Torres, colombiano, diplomati entrambi alla Folkwang Hochschule di Essen.
Due esseri umani muovono i loro primi passi legati da un’interdipendenza che si sostanzia in prese, sollevamenti, camminate in cui l’uno è di sostegno all’altra; i corpi si separano, la danza aumenta di intensità fino a che i corpi esausti cedono al silenzio. E nel silenzio una domanda: “Pensi che siamo morti?”. L’incertezza che permane, che non da tranquillità; bravi interpreti per una cifra stilistica abbastanza scontata.

Breve intervallo e si prosegue con Manolo Perrazzi, un assolo in cui il danzatore si è immaginato in una stanza a pianterreno in preda ad un alternarsi di momenti di smarrimento e lucidità. O almeno così leggiamo nelle note di sala. Nella visione abbiamo un corpo che si disarticola, spezzandosi in movimenti elettrici, accompagnato da una martellante musica elettronica, claustrofobia. Si placa solo alla fine, in un lontano ed esiguo taglio di luce.

Conclude la serata “Le coltri stanche”, per la coreografia di Tiziana Bolfe.
Ispirato alla scultura “Le tre grazie” di Antonio Canova, si apre su tre figure poste di schiena con le braccia intrecciate, tre donne che rimandano ad altrettante diverse età riconoscibili nelle pieghe dei corpi, nella brizzolatura dei capelli.  
In un lungo passaggio abitato solo da movimenti sinuosi delle braccia che danno un po’ troppo l’impressione di una improvvisazione non strutturata, le “tre grazie” si allontanano verso il fondo della scena, lasciando dietro di sé lo strascico delle lunghe gonne. Solo la donna giovane resta ad offrire una danza realizzata sempre rigorosamente di schiena, visione che non spiega il perché della mancanza della rappresentazione delle altre età.

Si chiude così la serata, nella sensazione che le strade da percorrere siano ancora lunghe, che la sola bravura non basti a giustificare una messa in scena, e che un pensiero coreografico capace di avvincere e significare abbia bisogno del tempo della crescita per creare segni in grado di affascinare.

O | PROIEZIONE DELL’ARCHITETTURA OSSEA
progetto: MDV | Nicola Galli

HAY UN NO SE QUE NO SE DONDE
di e con: Elisabetta Lauro & César Augusto Cuenca Torres

PIANTERRENO

di e con: Manolo Perazzi

LE COLTRI STANCHE
di e con: Tiziana Bolfe

Visti ad Ancona, Teatro Studio c/o Mole Vanvitelliana, il 17 gennaio 2013
Rassegna OFF/side
– Anticorpi Explo
 

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