B come babau. Nonsoloteatro nelle paure dei bambini

B come Babau
B come Babau
Guido Castiglia in B come Babau
Ha compiuto sette anni di indefessa attività la Casa del Teatro Ragazzi e Giovani di Torino, che ha appena ospitato Giocateatro, festival che ha aperto la stagione delle rassegne dedicate ai ragazzi.

Fra le compagnie che vi hanno partecipato abbiamo scelto di parlarvi di Guido Castiglia, della compagnia Nonsoloteatro di Torino, che ha presentato il nuovo lavoro “B come BABAU”, liberamente ispirato al racconto “Il Babau” di Dino Buzzati, con la regia di Fabrizio Cassanelli.
 
Guido Castiglia, dopo la lunga esperienza del Granbadò, mitico gruppo di teatro ragazzi degli anni ’80, dal ’93 ha creato a Pinerolo, con Claudia Casella, Nonsoloteatro, una sorta di seconda e proficua giovinezza, portando a maturazione la sua narrazione e il rapporto con l’infanzia attraverso spettacoli che hanno segnato gli ultimi anni del teatro ragazzi: è il caso, nel 2004, di “Ernesto Roditore, guardiano di parole”, passando per “Vita da timidi” (una ricerca dei meccanismi del comico per arrivare in modo più profondo ai bambini), per arrivare alla piena consacrazione, nel 2012, con “Branco di scuola”, vincitore dell’Eolo Award come migliore drammaturgia per i giovani.
 
Gli spettacoli di Castiglia si configurano come una perfetta miscela teatrale, in cui il continuo e prolifico lavoro con il pubblico di riferimento si materializza in una drammaturgia nella quale i piccoli spettatori si identificano perfettamente.

In “Ernesto roditore” erano il piacere e l’importanza del leggere a costituire la centralità del racconto che, attraverso la semplice metafora di un topo di biblioteca, invitava i bambini ad appassionarsi alla lettura.

In “Branco di scuola” e ora in “B come BABAU” l’io narrante, senza metafora alcuna, entra nella vita dei suoi protagonisti rendendone tutta l’infinita vitalità di giovani esseri umani alla scoperta del mondo.  
“Branco di Scuola” parlava di bullismo attraverso la storia di due fratelli, Sofia e Giorgio, alle prese con un episodio di sopraffazione, facendo ragionare il pubblico dei ragazzi sul concetto di dignità. Ciò accadeva utilizzando con accortezza un linguaggio contemporaneo, ironico e a tratti comico, che entrava direttamente nel vissuto dei ragazzi richiamandone le caratterizzazioni e i tic, senza però parodiarne le movenze, ma facendo in modo che essi si riconoscessero in ciò che accadeva sul palco.  

La stessa cosa, con un pubblico decisamente più piccolo, avviene in “B come BABAU” ma parlando stavolta di paura.
Qui il protagonista non è più un quasi adolescente ma Ginetto, un ragazzino di sei anni, piccolino, magrolino, che vive in un mondo dove tutto è troppo grande per lui: le stanze, il tavolo, il bicchiere, la forchetta… per Ginetto il mondo è gigantesco, e quindi pieno di sfide che accetta volentieri, pur avendone in molti momenti paura.

L’avvicinamento alla storia avviene da parte del narratore in modo buffo, come se fosse nella stanza da letto del protagonista, a contatto con i suoi sogni e le sue effettive paure, e gli spettatori ne sono subito conquistati.
Seguiamo poi Ginetto alla scuola elementare, a confronto con le prime conoscenze, in una classe identica a mille altre. Ecco allora i maestri, i primi compagni di scuola che rimarranno impressi per tutta la vita, e l’incontro con vocali, consonanti e i mille modi per imparare l’alfabeto… anche giocando alle parole “paurose”: O come ombra, L come lupo, S come strega, e ovviamente B come Babau!
E’ a questo punto che Ginetto non avrà più paura e riuscirà a raccontare il suo incubo ricorrente, un sogno che affronta paure ben più grandi che coinvolgono tutta la città, perchè in un mondo costruito in questo orrendo modo dagli adulti, le paure, invece di essere esorcizzate, sono ben presenti in ogni momento della nostra vita, e magari qualcuno se ne approfitta anche.

Ma Ginetto, nella sua stanza, saprà come esorcizzarle, scoprirà che un po’ di paura ci aiuta a diventare grandi e che quando la conosci puoi anche addolcirla, tanto che, con quelle lenzuola che si erano ingigantite a forma di babau, ora si può perfino giocare.

I perfetti meccanismi drammaturgici della storia, il modo di narrarla, il rapporto diretto con il pubblico, che risponde agli stimoli lanciati, e i pochissimi elementi scenici usati con accortezza (come il vento che ingigantisce le lenzuola) fanno di questo spettacolo un piccolo gioiello adatto ad un pubblico di tutte le età… basta si sia rimasti un po’ bambini!

NONSOLOTEATRO

testo: Guido Castiglia
liberamente ispirato al racconto Il Babau di Dino Buzzati
regia: Fabrizio Cassanelli
con: Guido Castiglia
collaborazione all’allestimento: Marina Giacometto
realizzazione elementi scenici: Violetta Viassone e Franco da Tregnago
musiche: Pascal Comelade e Sergio Taglioni
produzione: Unoteatro
durata: 60′
età consigliata: dai 6 anni
 

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