I Monologhi dell’atomica di Elena Arvigo, tra poesia e memoria

Elena Arvigo per i Monologhi dell'atomica (photo: Azzurra Primavera)
Elena Arvigo per i Monologhi dell'atomica (photo: Azzurra Primavera)

Parole e domande di una scrittura femminile. Intrecci che evocano emozioni dell’io lirico, svelandone l’essenza dei pensieri. C’è un’atmosfera intima nei “Monologhi dell’atomica” con cui Elena Arvigo ha chiuso la stagione del Teatro Out Off di Milano, dopo averla idealmente aperta con “Donna non rieducabile”, dedicato ad Anna Politkovskaja.
Una filigrana lega i due spettacoli che hanno al centro figure di donne tormentate, capaci di resistere alla violenza e alla menzogna.

I “Monologhi dell’atomica”, tratto dai diari di Svetlana Aleksievic su Chernobyl e dalla testimonianza di Kyoko Hayashi su Nagasaki, è uno spettacolo sulla fragilità fisica e psicologica di chi vede allontanarsi gli affetti familiari, dissolversi i legami anche con l’io, ed è costretto a convivere con la morte.

Sfondo grezzo, pareti diroccate. Tuta bianca e maschera antigas. La scena rimanda a una quotidianità interrotta: una tavola imbandita, due leggii, sedie in disordine come tracce di chiese vuote. Sul tavolo una scodella con una minestra inesistente da mangiare. Cumuli di detriti e macerie, rovina, che è condanna e maledizione.
Una lentezza solenne permea questo lavoro. La stasi dominante, la recitazione sostanzialmente monocorde, sono i limiti registici dello spettacolo, ma al tempo stesso ne sorreggono la drammaturgia del dolore.

“Monologhi dell’atomica” si enuclea soprattutto dal libro “Preghiera per Chernobyl” di Svetlana Aleksievic, premio Nobel per la Letteratura 2015. Dal coro di voci, Elena Arvigo seleziona tre storie: una giovane moglie che perde il marito; dei bimbi spogliati della loro infanzia, costretti a lasciare la spensieratezza dei giochi; un soldato di stanza in Afghanistan dirottato a Chernobyl, inesorabilmente divorato dalla malattia.
L’ultima parte è tratta dai “Racconti dell’atomica” di Kyoko Hayashi. Un libro a metà tra denuncia e fantascienza, la vicenda di una donna che da settant’anni convive con il nemico interno della radioattività che le consuma il corpo.
La morte aleggia su macerie, e la polvere attraversa le narici degli spettatori.

Le luci languide di Paolo Calafiore e il contrappunto al pianoforte di Max Richter sono linguaggi che convergono intorno a una comune forma di minimalismo.
L’esperienza del dolore è onnipresente. La repulsione che la accompagna influisce sulla scelta di un linguaggio scarno. La parola nuda si ferma a ogni cadenza del ritmo, s’isola momento per momento nella sua verità.
In questo spettacolo umanamente religioso, la rivolta nasce proprio dalle parole. La frase si riempie di significati, è mezzo per cogliere l’essenza delle cose, e recuperare una purezza originaria capace di riscattare dalle atrocità. Il sofferto scavo interiore porta a improvvise folgorazioni.

Memoria, malinconia, solitudine. Mix schizofrenico di gioia e pianto. Uno stile che del giornalismo prende la parola asciutta, evocativa, e trae dalla realtà storica un racconto epico e spirituale, sulla disillusione di due popoli che si confrontano con la ricostruzione della propria identità.

L’epilogo musicale fiducioso e disperato del pucciniano “Coro a bocca chiusa” di “Madama Butterfly” suggella questa narrazione delicata. È lo sguardo femminile, sofferto, mai retorico o patetico, di chi racconta la grande Storia attraverso le piccole storie. Elena Arvigo ne restituisce il senso in un’opera polifonica, tributo al coraggio dei nostri tempi.

MONOLOGHI DELL’ATOMICA
da Preghiera per Cernobyl di Svetlana Aleksievich e
“Nagasaki, racconti dell’atomica” di Kyoko Hayashi
di e con Elena Arvigo
scene e luci Paolo Calafiore
regista collaboratrice Virginia Franchi
assistente alla regia Valeria Spada
Teatro Out Off in collaborazione con Santa Rita Teatro Arts Centre

durata: 1h 20’
applausi del pubblico: 2’ 30″

Visto a Milano, Teatro Out/Off, il 15 giugno 2016

stars-3.5

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