Love-Lies-Bleeding. Phoebe Zeitgeist nei meandri dell’eutanasia

Per la prima volta in scena in Italia Love-lies-blinding (ph: Giada Corradini)
Per la prima volta in scena in Italia Love-lies-blinding (ph: Giada Corradini)

Il linguaggio onirico di Giuseppe Isgrò per un dramma di Don DeLillo, per la prima volta in Italia all’Elfo Puccini

Nel suo capolavoro “Fedone”, Platone osservava che la filosofia non è altro che una lunga preparazione alla morte. Nell’ordinario, sono la malattia e lo stato vegetativo le condizioni che ci impongono, tra vicissitudini e lacerazioni, l’urgenza di una riflessione sul problema del fine vita.

Phoebe Zeitgeist, compagnia guidata da Giuseppe Isgrò, porta in scena per la prima volta in Italia “Love-Lies-Bleeding”, dramma teatrale di Don DeLillo, scrittore americano tra i più interessanti della scena contemporanea.
In prima nazionale all’Elfo Puccini di Milano, lo spettacolo mette al centro l’artista Alex Macklin negli ultimi anni della sua vita, e l’effetto delle sue condizioni sul figlio Sean (Daniele Fedeli), sulla seconda moglie Toinette (Francesca Frigoli) e sulla quarta moglie Lia (Liliana Benini).

Dopo un secondo grave ictus, Alex rimane in uno stato vegetativo persistente. Sean, Toinette e Lia si riuniscono per trovare una soluzione comune al suo destino. Sean suggerisce l’omicidio pietoso; egli ritiene che suo padre sia vivo solo in senso tecnico. Toinette è in sintonia con lui, ma è frenata delle implicazioni etiche di quella scelta. Lia è orientata a una morte naturale senza intervento; poi pare arrendersi al piano di Sean, di accompagnare al trapasso Alex con l’utilizzo della morfina.
Il dramma contempla flashback della vita di Alex con Lia e con Toinette, e flashforward del compianto funebre, che ognuno dei tre personaggi declina sulla base della propria sensibilità e dei propri ricordi.

Scritta da Don DeLillo nei primi anni Duemila, la pièce raggiunge l’Italia all’indomani del caso Indi Gregory, la bimba inglese di otto mesi affetta da una rara malattia mitocondriale, morta a metà novembre dopo il distacco dei supporti vitali. Il governo Meloni le aveva concesso la cittadinanza italiana per consentirle di curarsi nel nostro Paese, nonostante le autorità inglesi ne avessero decretato l’incurabilità.
“Love-Lies-Bleeding” affronta domande centrali di bioetica e riflette sui temi della misericordia e della morte nel tempo della tecnologia medica avanzata. È una meditazione profonda e non schematica: quando finisce la vita? Qual è il suo valore, e come lo misuriamo? Fino a che punto è lecito essere arbitri del destino proprio e altrui?

Da Terry Schiavo a Hugo Claus, da Eluana Englaro a Piergiorgio Welby, nei Paesi dove non è prevista l’eutanasia, le battaglie legali hanno creato lacerazioni durate anni. Laddove medici e familiari hanno optato per l’interruzione dell’alimentazione assistita, si sono aperte ulteriori questioni giuridiche. Il dibattito resta aperto.

Nella sala Bausch dell’Elfo Puccini, Giuseppe Isgrò crea uno spazio intimo aperto, composto da cubi e sedie variamente scompaginate e riassemblate, come un puzzle continuamente da ridefinire.
Qui Alex, seduto inerte su una sedia a rotelle e attaccato a una flebo, non è che un fantoccio rudimentale, realizzato in gesso ceramico dall’artista Giovanni De Francesco: una maschera invece del volto; un naso arrossato; due fessure al posto degli occhi, che ogni tanto s’illuminano di rosso o altri colori, a tradire impulsi vitali che mettono ripetutamente in crisi il presupposto che la sua sia una semplice esistenza vegetativa. In mezzo al petto di Alex, uno squarcio, rimando a un cuore che non pulsa emozioni, forse un semplice muscolo che si limita a riprodurre il ticchettio di un orologio.

Sean è un figlio irrisolto. Toinette gestisce con fatica le proprie nevrosi. Lia, l’ultima compagna, si prende cura di Alex in maniera ossessiva. Non a caso, quando prendiamo posto in sala, questa giovane donna è già in scena, attaccata allo straccio con cui lava incessantemente il pavimento, e al panno con cui spolvera instancabilmente gli oggetti. Lia sposta sulle cose la cura insufficiente a salvare il marito.

C’è il tempo dei ricordi, quello del dialogo tra le donne e Alex, quando Fedeli si presenta inerte sul sedile, coperto da una maschera identica a quella del fantoccio al centro della scena. Sono i flashback che riconducono al passato. Affiorano frammenti di un tempo sospeso, e un immaginario tra la vita e la morte. Avvertiamo un perenne respiro affannato, il rantolo di un moribondo, il tarlo di un tempo labile, il senso di un mondo tramortito.

Il modo di interagire dei protagonisti in carne e ossa disegna un reticolo di geometrie, restituite finemente dall’attore e dalle attrici. C’è lucidità e quel minimo di cinismo razionale in Sean. C’è alternanza di registri in Toinette, sobria ed essenziale nei flashback, concitata e ipercinetica nei mille andirivieni dentro un presente schizofrenico.
Lia è invece racchiusa negli estremi di bambola spezzata, dolce, aspra, provinciale. Incantata e innamorata, non si rassegna a una morte che frange il suo sogno di un amore puro ed estetico. Il suo idealismo tuttavia si modifica, sulla scia degli altri personaggi.

La regia di Giuseppe Isgrò è pulita, deferente verso autore e testo. Non manca tuttavia la cifra di Phoebe Zeitgeist, con rumori stridenti, voci alterate, l’uso del microfono e delle luci come spazio per i flashforward.
Ad amplificare il livello emozionale del lavoro, una stordente colonna sonora elettronica, realizzata dal musicista Stefano K. Testa. Rimanda a un’America desolata e ferita, e s’innesta su brani di Leonard Cohen, Low, Lou Reed, REM, Xiu Xiu, Mojave 3.

La scena si articola in spazi distopici disegnati dalle luci, e giochi d’ombra intimi e spettrali dietro lo schermo semi-opaco. Davanti, invece, Luca Intermite vi proietta in datamosh immagini mutanti di piante e fiori citati come mantra, che per Alex erano un’autentica ossessione. Brillano, sulla continua ridefinizione della vita, creature vegetali resilienti e bellissime, caratterizzate dall’apparente bisogno di nulla. Robuste, spinose, incantevoli, le piante stabiliscono l’essenzialità di una vita semplice e immobile. Ma può la vita di un uomo rassegnarsi a imitare un fiore, per giunta appassito?

Il suono e le luci oniriche di questo lavoro sferzante e visionario trasformano la scena in un luogo astratto, che ondeggia sul tempo e sullo spazio.
Rimane l’ispido fiore tropicale che porta il nome allettante di Love-Lies-Bleeding: amaranto, associato all’idea della morte e dell’immortalità; inquietamente bello, dolorosamente affilato come la lama di un coltello.

Love-Lies-Bleeding
di Don DeLillo
uno spettacolo di Phoebe Zeitgeist
regia Giuseppe Isgrò
con Francesca Frigoli, Daniele Fedeli, Liliana Benini
scena e costumi Giovanni De Francesco
disegno e architettura del suono Stefano K Testa con la consulenza di Shari DeLorian
visuals Luca Intermite
dramaturg Matteo Colombo
cura del progetto Francesca Marianna Consonni
produzione Teatro E (Trento) con il sostegno di Silent Art Explorer

durata: 2 h compreso l’intervallo
applausi del pubblico: 3’

Visto a Milano, Teatro Elfo Puccini, il 7 dicembre 2023
Prima nazionale

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