Teatro ragazzi: the best of 2022

Il messaggero delle stelle (ph: Laila Pozzo)
Il messaggero delle stelle (ph: Laila Pozzo)

Dalla Compagnia del Sole a Teatro Distinto, passando per Drogheria Rebelot, Factory, Eccentrici Dadarò, i fratelli Dalla Via e molti altri… il meglio secondo Mario Bianchi

Come ogni inizio d’anno, è ormai nostra abitudine tornare indietro per osservare quello che di meglio – secondo chi scrive – ci ha dato la stagione trascorsa di teatro ragazzi, una stagione nel complesso avara di meraviglie, ma comunque attraversata da alcune creazioni interessanti e foriere di buone suggestioni, soprattutto dedicate agli adolescenti.

Iniziamo infatti da quattro pregevoli creazioni a loro rivolte, perché, lo diciamo con grande rammarico, il teatro ragazzi italiano ha disimparato a parlare, da un po’ di tempo, al suo pubblico più piccolo.

Flavio Albanese della Compagnia Del Sole, diretto da Marinella Anaclerio, attraverso la sua inconfondibile e duttile voce, impastata di fiabesco stupore, e con la scrittura in rima di Francesco Niccolini, torna – dopo “L’universo è un materasso” – a solcare l’infinito con “Il messaggero delle stelle”, prodotto da Accademia Perduta e la FTRG di Torino.
Nello spettacolo, impersonando l’inglese Astolfo, celeberrimo paladino di Carlo Magno reinventato dall’Ariosto, mentre cerca sulla luna il senno del povero Orlando, si ritrova a tu per tu nientemeno che con Galileo, Keplero, Copernico, Newton e Giordano Bruno. Saranno loro ad accoglierlo e ad aprire a ragazzi e ragazze i misteri della conoscenza, dove il dubbio e l’errore regnano sovrani, comprendendo quanto sia affascinante, ma anche complicata, non solo la strada della conoscenza, ma anche quella della libertà di pensiero e della scienza, che insieme devono essere sempre connesse.

“Barbie e Ken – riflessioni su una felicità imposta”, del Teatro La Fuffa / Fondazione SAT, su ideazione e regia di Filippo Capparella (la co-regia è di Saskia Simonet, che è anche in scena con Letizia Buchini), attraverso le due bambole-icone del titolo, chiuse in altrettante scatole, porta gli adolescenti a scoprire che l’amore è un portento legato certo a meccanismi naturali, ma che devono essere collegati alle emozioni, quindi hanno bisogno di essere rodati e vissuti.
Lo spettacolo, attraverso trovate ironiche e mai banali, riesce anche a parlare ai ragazzi della strumentalizzazione imposta dalla società ai corpi, e della stilizzazione di genere a cui vengono sottoposti.

“Sbum – yes we cake”, scritto e interpretato per i vicentini della Piccionaia dai fratelli Marta e Diego Dalla Via, congiunge intelligentemente il tema della precaria situazione ambientale del nostro pianeta con il deficit di democrazia e d’informazione che si sta diffondendo in tutto il mondo. Così lo spettacolo, attraverso l’ironica e surreale scrittura dei due artisti, partendo dalla metafora di una torta troppo piccola per essere divisa fra tutti, e mescolando dati di realtà e fantasticherie, pone una riflessione profonda, intrisa di amara ironia sul futuro, non solo del nostro pianeta, ma anche della nostra civiltà, da cui traspare chiarissima la percezione che, se l’essere umano non porrà freno alla stupidità dei suoi comportamenti, verranno messe a rischio tutte le possibili conquiste finora acquisite.

Dedicato agli adolescenti è anche il delicatissimo “Solitarium” di Teatro Distinto, creato da Daniel Gol, con in scena Sebastiano Bronzato e Chloè Ressot, spettacolo che riesce a narrare senza parole e con pochissimi elementi di scena (tra cui un rapanello), servendosi solo di sguardi, suoni e movimenti calibratissimi, la storia di un incontro di due vicini di casa che potrebbe sfociare in qualcosa di più importante.

Eccoci poi alla narrazione con “Garò”, l’ultimo spettacolo firmato da Pino Di Bello per Anfiteatro, che accompagna i ragazzi e le ragazze all’interno di un mondo sconosciuto, un popolo che è stato sterminato ma ricchissimo di tradizioni che devono essere ri-conosciute.
Lo spettacolo lo fa in modo accorato e semplice, facendo narrare da Stefano Panzeri, trasformatosi per l’occasione in un Meddah, un antico tradizionale narratore armeno, la storia di Garò Surmelyan e della sua avventurosa vita. Così le parole ci restituiscono il mondo, i riti e le usanze di un popolo, facendo nel contempo uscire dalla memoria, spesso sopita, un genocidio che non possiamo dimenticare e che non deve ripetersi.

La narrazione si mescola al canto nel commovente “Filastrocca della vita”, con Silvano Antonelli e Ferruccio Filippazzi (produzione Stilema/Unoteatro), che mettendosi uno al servizio dell’altro, portano i bambini e i ragazzi a rivivere con tenerezza e meraviglia tutti i passaggi della vita, dall’infanzia alla maturità, creando una sorta di recherche proustiana per l’infanzia.

Eccoci poi al teatro di figura con “Caro lupo”, una fiaba realizzata con la tecnica di teatro su nero, con scene, sagome e puppet, in un alternarsi dimensionale di macro e micro.
Lo spettacolo prodotto da Drogheria Rebelot, con regia, drammaturgia e cura dell’animazione di Nadia Milani, narrando la ricerca di Jolie nell’oscurità del bosco, e del suo inseparabile orso di pezza Boh, porta bambine e bambini a guardare da vicino la paura per esorcizzarla, immergendoli in un mondo pieno di stupori, in cui l’inanimato prende miracolosamente vita.

Caro lupo (ph: Matteo Milani)
Caro lupo (ph: Matteo Milani)

Come dimenticarsi, in questa analisi sul teatro di figura, di Papero Alfredo, protagonista dell’omonimo spettacolo, mosso da Simone Guerro (che lo inventa con Daria Paoletta) per ATGP, burattino anomalo che detesta la tradizione e, da buon youtuber, ama la musica rap e il free style, le challenge, le dirette video.

Il teatro di figura, ma non solo, caratterizza anche “Hamelin”, l’ultimo spettacolo di Tonio De Nitto, creato per Factory Compagnia Transadriatica, che lo produce con la Fondazione Sipario Toscana, avendo come dramaturg Riccardo Spagnulo.
Lo spettacolo prende il nome ovviamente da Hamelin, la città dove viene ambientata la fiaba del Pifferaio Magico. Lo spettacolo prova a raccontare e a ripercorrere l’origine del mistero dei bambini perdutisi dietro al magico incantatore con una sua ipotesi, giocando su diversi piani: quello temporale, diviso tra l’oggi (si ipotizza un vero e proprio programma sul mistero di Hamelin con indagini, reperti, e testimonianze) e quello più squisitamente teatrale, che vede Fabio Tinella entrare in scena e uscirne con i bambini del pubblico, interpretando lo stesso Pifferaio.
Adulti e bambini seguono quello che accade anche attraverso delle cuffie e un punto di vista diverso, restituendoci in modo complesso e foriero di diversi significati una storia senza tempo di misterioso spessore.

Arriviamo a segnalare anche due spettacoli per i più piccoli: “A pesca di emozioni” degli Eccentrici Dadarò dove, per mezzo di due buffi personaggi che si trovano (senza conoscersi) sulla sponda di un fiume a pescare, viene creato in scena – con l’uso dei colori e di alcuni palloncini – una specie di alfabeto delle emozioni che bambini e bambine del pubblico possono riconoscere.
E “Giovannin senza parole”, realizzato dai tarantini del Crest, divertente apologo dai contorni buffi, impastati di un sottofondo amaro, sull’importanza della parola e sulla sua capacità di manipolare le persone, che mescola la clownerie alla manipolazione di oggetti e alla musica dal vivo, creando ogni volta – attraverso appositi pannelli – i vari ambienti dove è ambientata la trama, persino una fabbrica con tutti i suoi congegni.

Ci piace ricordare anche uno spettacolo fuori dagli spazi teatrali.
Avendo ormai come metodologia consolidata il teatro immerso negli spazi naturali, Michele Losi di Campsirago Residenza, con l’aiuto di Sebastiano Sicurezza su drammaturgia di Sofia Bolognini e dello stesso Sicurezza, ha reinventato la celebre fiaba di Hansel e Gretel.
I piccoli spettatori, muniti di cuffia e guidati da Giulietta De Bernardi, si gettano in un vero e proprio viaggio tra oggetti, immagini e ricordi, che alludono e riverberano la storia.
Udito e vista si alleano per riconsegnarci dal di dentro una storia senza tempo, legata indissolubilmente all’infanzia e alle sue benefiche paure.

Ma forse il progetto più interessante del 2022 non è uno spettacolo, ma una vera e propria esperienza, in cui finalmente l’infanzia viene posta totalmente al centro di un percorso artistico originale e condiviso. Parliamo de “L’installazione del Teatro Telaio Arcipelago”, creata da Angelo Facchetti e Francesca Franzè. Si tratta infatti di una vera e propria educazione umana e sentimentale, agita dai bambini stessi, che sono invitati ad esplorare un luminoso arcipelago, composto da diverse particolari isole, piccole tendine luminose custodi di mondi di misteriosa sostanza, che creano un vero e proprio piccolo mare, in cui si sentono perfino le onde. Ogni bambino, mosso da alcune parole di magico spessore: ascolta, guarda, senti, racconta) vi si immerge dentro, rispondendo ai diversi stimoli, suggeriti da ogni isola.
Le testimonianze scritte e verbali lasciate dai partecipanti formeranno poi una specie di diario emozionale, che sarà poi ogni volta condiviso da tutti.

Al di fuori degli spettacoli molto intrigante anche è “Nel bel mezzo dell’inferno” di Fabrizio Pallara e Roberta Ortolano, prodotto dal CSS di Udine dove, attraverso l’uso della tecnologia della Realtà Virtuale Immersiva, coniugata ad una progettazione architettonica dello spazio e del suono in 3D, ci sentiamo davvero in compagnia di Dante nel suo viaggio all’Inferno.

Accogliamo il 2023 con il desiderio di vedere altri due spettacoli di cui ci hanno parlato molto bene: “Olympus kids” di Beatrice Baruffini in un progetto di Agrupación Señor Serrano e “Attraverso il bosco” del Teatro all’improvviso, sperando di poterne approfondire presto i contenuti.

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