Lettera aperta a Luca Ronconi: una modesta proposta

Luca Ronconi (photo: Attilio Marasco - naba.it)
Luca Ronconi (photo: Attilio Marasco - naba.it)
Luca Ronconi (photo: Attilio Marasco – naba.it)
Il patrimonio, la conoscenza, l’esperienza. Cosa è Luca Ronconi per il teatro italiano è davvero difficile da esaurire non solo in un articolo, ma perfino in qualche libro.

Lui e i suoi collaboratori hanno segnato la storia del teatro in Italia. Mi trovo dunque in una certa difficoltà, dopo i festeggiamenti del marzo passato per gli ottant’anni del maestro, anche solo a tracciare un percorso. Eppure sono più di dieci anni che scrivo con costanza di teatro e numerose le sue regie che ho potuto raccontare.

Posso testimoniare quello che Ronconi rappresenta per la generazione dei critici under 40, che quindi ha potuto confrontarsi in modo più credibile e strutturato solo con gli spettacoli dell’ultimo quindicennio, quelli coincisi, in fondo, con il suo arrivo alla direzione artistica, insieme a Sergio Escobar, del Piccolo Teatro a Milano. E i suoi rapporti con la drammaturgia di Spregelburd negli stessi anni in cui porta in scena Goldoni, alcuni Shakespeare, Botho Strauss e Lagarce.

Insomma, noi che abbiamo conosciuto solo la sua età matura.
E che abbiamo visto le versioni filmate de “Gli ultimi giorni dell’umanità” di Karl Kraus o il celebre “Orlando Furioso” del ’69. Le regie con la Melato, fino all’ultima “Nora alla prova”. Che scorriamo a ritroso la biografia sul nuovo sito personale del regista, curato fra gli altri da Oliviero Ponte di Pino, e ci fermiamo con la memoria troppo presto.
Noi che non c’eravamo.
Ma per gli spettatori delle arti dal vivo, come il teatro, esistono due possibilità: il “c’ero” o il “me lo sono perso”.
Ecco allora che mi sento, dopo che in questi due anni, in cui molte figure del teatro italiano (e non solo) sono sfuggite alla possibilità di confrontarsi con noi, che mi viene da chiedere a Luca Ronconi, al Piccolo Teatro, di pensare ad un momento in cui il regista possa mettere nella sua fitta agenda anche qualche incontro con i giovani della critica, la nuova generazione che tanta fatica fa a farsi largo sulla carta stampata. Con quelle testate web che, pur nel loro moltiplicarsi, vivificano ancora la scena, la raccontano forse a molti più lettori di tanti giornali cartacei, ormai distribuiti in forma omeopatica in introvabili edicole delle grandi città. Ma che a volte non compaiono neppure nelle rassegne stampa ufficiali degli spettacoli, anche quando le loro riflessioni sono intense, acute, irriverenti, altre.

Sicuramente occorre scegliere, c’è un grande mare in rete, ma c’è anche una generazione di testimoni da addestrare o con cui dialogare, con non minor tenacia rispetto a quella rivolta agli attori della Scuola.

Ecco Luca (e qua passiamo al ‘tu’), ti si può chiedere, qualche sera che ne hai piacere, di volgere uno sguardo qui, ad una passione con cui ancora si fatica a stabilire contatto, ma che è comunque il futuro? Tu e noi, dai 40 in giù (visto che li compio oggi, e vorrei esserci).

Quelle generazioni che provano con caparbietà uguale a quella degli anni Cinquanta ad affermare se stesse, senza padri e padrini. Che non potranno sfornare giornalisti di professione, perchè è un mestiere che sta sparendo, con redazioni anagraficamente bloccate da generazioni mature, e in cui si affacciano nugoli di precari che prima o poi mollano per disperazione. Ma che ci sono, lottando per vedere gli spettacoli, per farsi conoscere, per esistere. E a ben guardare forse rendono un servizio più alto, perchè ancora riescono a riflettere su qualche allestimento in misura più ampia e articolata che con le 2000 battute che moltissimi giornali cartacei riservano (gratuitamente) alle riflessioni sulle arti sceniche. Il resto è tutto un po’ a pagamento.
Come i tirocini a spese dei tirocinanti, gli stage pagati da chi lavora. Il mondo al rovescio, come le sedie de gli ultimi giorni dell’umanità che ci mettono di colpo a testa in giù.

Ecco: se potessimo pensare a confrontarci, a guardare assieme qualche spettacolo passato, a racccontarci esperienze, ad uscire dal gap anagrafico, insomma a non perderci ma anzi a pensare di Conoscerci e Riconoscerci, ecco, a questo pensiero io mi emoziono.
Non avremo letto gli stessi libri, forse non avremo tantissimi numeri da mettere a fattor comune. Ma se per il calcolo del minimo comun denominatore nell’arte basta l’umanità, io a quest’algebra emotiva mi appello. E a pensare ad un progetto sui giovani al di qua del palco.

A testimonianza del “quel che mi sono perso”, proponiamo oggi la sintesi in video di ciò che Ronconi e i suoi collaboratori storici, come Margherita Palli, hanno raccontato della loro ultradecennale esperienza creativa in un incontro, coordinato da Antonio Calbi, tenutosi presso la Naba di Milano proprio in occasione degli ottant’anni del regista.

 
 

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  1. says: S. Arafassantì

    Non potete neanche immaginare quanto ronconi si tenga stretto quello che ha. E non sospettate nemmeno che dietro quell’aspetto da nonnina di cappuccetto rosso sia celato un lupo di hybris infinita.
    Le lettere aperte lui non le ama, così come detesta le iniziative giovanili o le cause comuni. Chi ha 20, 30 o 40 anni farebbe bene a guardare avanti e non indietro. Guardare oltre (se proprio ci tieni, attraverso) ronconi. Tanto lui, quando posa lo sguardo sui virgulti, al massimo riesce a essere tra il pornografico e il vampiresco. Altro che condivisione.