Oltremisura 012. L’impasto di anima, argilla e danza

ERBARME DICH di e con Paola Bianchi
ERBARME DICH di e con Paola Bianchi
ERBARME DICH di e con Paola Bianchi (photo: Valentina Bianchi)

Un paesino mignon arroccato in cima a un monte, mura mignon che circondano viuzze, uno slargo con dignità di piazza su cui si affaccia la porta del teatro, rigorosamente all’italiana ma anch’esso mignon, una bomboniera che ci accoglie per una giornata dedicata alla danza contemporanea.
Sì perché in questo piccolo borgo in provincia di Rimini, nell’ambito della coraggiosa rassegna Oltremisura che da undici anni porta avanti una programmazione di teatro contemporaneo, si è scelto, per la festa di apertura della stagione 2012, di dedicare una intera giornata a spettacoli, immagini e parole legate alla danza contemporanea.

L’evento è una delle azioni portate avanti da [COLLETTIVO] C_A_P_  giovane formazione composta da Paola Bianchi, Valentina Buldrini, Chiara Girolimini e dalla fotografa Valentina Bianchi, nata a Rimini nel 2009 e distintasi per tutta una serie di attività volte a sensibilizzare la provincia riminese intorno a questo particolare ambito della danza. Operazione riuscitissima in questo caso, perché la sensazione finale è proprio quella di essere stati accompagnati dentro un mondo con il calore dell’accoglienza e della convivialità, con la disponibilità alla condivisione e alla partecipazione, tutti valori che portano a una conoscenza più profonda e sentita.

L’apertura è affidata a “Angelic Conversation – Prima conversazione con Derek Jarman” di Stefano Questorio. Il film “Blue”, testamento spirituale del regista inglese girato quando ormai era diventato cieco, diventa un  modo per parlare della danza contemporanea e del suo spesso criticato intellettualismo, in una maniera che sta a metà tra il serio e il faceto, restituendole però alla fine, in un lampo fulminante di assoluto silenzio e di umile sospensione, la sua possibilità di dire il sublime senza parole.
Sono brevi appunti di lavoro sul corpo suggeriti dalla struttura stessa del film, uno schermo assolutamente blu e una colonna sonora su cui sono registrate parole che raccontano per flash sfilacciati la vita del regista. La sottrazione d’immagine che Jarman ha operato nel suo lavoro viene resa da Stefano Questorio con soluzioni legate all’uso delle luci o del costume di scena che lasciano alla visione una piccola parte del corpo.
La performance è inframezzata da spiegazioni dello stesso danzatore sul suo percorso creativo – un tentativo di stare dentro un prodotto mostrandone il processo di creazione poetica – e sono intercalate da una petulante voce, con una pizzicante inflessione inglese, che insinua tutti i dubbi e i soliti commenti da poco prezzo che accompagnano gli spettacoli di danza contemporanea, “perché non danzi nella tua cameretta?”, “non si capisce niente”, “quando la smetterai di infilarti in questi progetti così deprimenti?”, “è tutto così tetro, claustrofobico”, “almeno si è mosso un po’ ”.

Cambio di scena per “Erbarme dich”, performance che la coreografa Paola Bianchi ha creato partendo da “Il nemico” di Emanuele Tolon. Suggerisce la visione di corpi chiusi e costretti in una quotidianità, che la fatica e la pochezza della vita prosciuga, così come prosciuga la danza che passa per movimenti minimali, dentro una tensione che immobilizza e incatena. Due ali sullo sfondo, a cui la danzatrice a un certo punto somma il suo corpo; sono un segno di speranza forse, subito re-inglobato nella crudezza delle luci e nella scarnificazione del gesto. La drammaturgia procede non linearmente, secondo un ordine non logico che Paola Bianchi annuncia con un semplice gesto della mano, spezzettata per sottrarsi alla narratività.

Dopo le visioni arriva il momento delle parole; i due coreografi si mettono a disposizione del pubblico, con la mediazione di Laura Gelmini dell’Università di Urbino, per rispondere ai dubbi, raccontare il proprio approccio e il proprio lavoro, accettare critiche e verificare, insieme all’occhio esterno che il pubblico rappresenta, la risultanza dell’opera presentata. Tanti i temi trattati, la contaminazione fra generi, il significato di drammaturgia in un’opera di danza e la sua trasversalità, la sensualità del corpo e la sua possibilità evocativa.
Le chiacchiere proseguono durante la cena offerta dalla pro-loco di Montescudo, preparata nella cucina ospitata all’interno del teatro stesso e qui servita, fatto che riporta la struttura al suo essere un luogo di socialità; il pubblico viene spostato dalla fruizione passiva dell’evento a una partecipazione che permette di assumere gli stimoli ricevuti nel confronto e nella chiacchiera serena e tranquilla di una cena.

Si rientra in teatro per l’ultima azione: la presentazione dei risultati del sondaggio sul pubblico promosso dal [COLLETTIVO] C_A_P_ per valutare l’interesse dei cittadini nei confronti della danza contemporanea. Il sondaggio, realizzato in collaborazione con Laura Gemini e Emanuela Conti dell’Università di Urbino Carlo Bo, e che ha interessato sei teatri della provincia di Rimini, mostra senza alcuna ombra di dubbio come ci sia un forte interesse alla conoscenza della danza contemporanea, non solo tra coloro che abitualmente frequentano la danza, ma anche fra gli habitué del teatro di prosa e tra gli spettatori occasionali. E questa è una notizia importante, che speriamo spinga a una maggiore programmazione di spettacoli e performance che si muovono in quest’ambito.
Un altro importante dato emerso è la necessità sentita di un accompagnamento alla visione e alla comprensione, urgenza che la giornata di Montescudo ha recepito in pieno.

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